
AGLIANA. Ve lo ricordate Primo Greganti, il famoso “Compagno G” di Mani Pulite, arrestato il 1° marzo 1993 e chiuso in carcere per 115 giorni?
«Mai, in nessuna occasione e in nessuna circostanza, il “compagno G” pronunciò una parola che potesse portare al coinvolgimento di un politico» del Pci-Pds e perciò fu un eroe di quello stalinismo democratico che, ad Agliana, è ancora vivo e vegeto e, stando alle cronache del consiglio comunale, attuale e virulento. Perché le sigle e le etichette possono cambiare mille volte, ma cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.
In altri termini è inutile scrivere Talco Felce Azzurra di Paglieri su una busta di cocaina; o Acqua Santa su una bottiglia di grappa.
A Napoli c’è un bellissimo proverbio icastico, che qualche somaro (senza offesa per i quadrupedi) riterrà, forse, offensivo, ma che dice tutto in poche parole: «È inutile a mettere ’o rum… Nu’ strunz nun addeventa babbà!».
Ma i preamboli a che servono? Sono fondamentali, rispondo, per argomentare secondo logica, una virtù scientifica che, evidentemente, non è cara ai «compagni G» di Agliana; quelli che ieri sera, 9 aprile, hanno mandato al diavolo un principio etico affermandone uno [sovi]etico: la trasparenza democratica, un dovere dovuto a quel popolo che i dem dicono di amare tanto; fino al sacrifizio e all’olocausto.
Perché – seguite bene il discorso che è semplice come un problemino da terza elementare –, visto che i dem non guidano più Agliana/Cessnokgrad; visto che a rispondere dovevano essere altri (da un Sindaco che ha messo gli ex-suoi fuori dell’uscio, fino a dei nuovi assessori di tutt’altra parrocchia), quale poteva essere l’interesse di dover difendere a spada tratta “il silenzio degli innocenti”, se non quello di evitare, a tutti i costi, di far luce su ciò che, in termini crudamente politici, non può che prendere il nome di verminaio?
La vogliamo fare più esplicita, la domanda? Si sta forse cercando di mascherare e nascondere una lebbra contagiosa? Perché delle due, l’una: o si cerca di cancellare il ricordo e la prova di situazioni da raccapriccio o altrimenti non si capisce perché si debba strillare – come una volta Scalfaro, accusato di intascare una tangente di 100 milioni al mese quando era ministro degli interni – «Noi non ci stiamo». Non stanno a fare chiarezza? E non è logico pensare che abbiano da coprire fatti e misfatti?
E un’altra riprova incontestabile che ci fa intendere chiaramente quanto lo stalinismo democratico sia ancora così tanto vivo e virulento ad Agliana/Cessnokgrad, è la motivazione con cui la plebe si è ritirata sull’Aventino, affondando la verità e la trasparenza a danno di tutti – un espediente davvero poco onorevole e, infine, vano, se poi le risposte scritte (ne siamo certi) finiranno pubblicate almeno su questo quotidiano che non china la testa a nessuno e tantomeno al P[artito] D[ominante].

Hanno detto, gli eroi, che non tolleravano che l’opposizione sparasse così tanti missili sul servizio di polizia municipale: ma questo modus operandi, questo strafingere di difendere le istituzioni, era tipico al tempo della gloriosa Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, prima che cadesse il muro di Berlino; e oggi non è certo compatibile con il significato e il valore del termine democrazia che i dem aglianesi interpretano come «esercizio di potere sul popolo» e non del popolo.
Questi campioni del progresso non conoscevano il significato di democrazia quando militavano sotto il Pci e men che meno lo hanno imparato da quando sono diventati colonia minoritaria degli ex-democristiani di Renzi, che, in quanto tali, masticavano il potere da troppo tempo quando Di Pietro «li sparò» – come avrebbe detto Colui – ma senza riuscire a sopprimerli perché troppo radicati al mondo cattolico e alla Chiesa.
Questi campioni di democrazia erano e restano quello che sono: assetati di potere che si autoalimenta e che, alla fine, scarica tutto sulle spalle del popolo bue.
E torno su un discorso che ho già fatto. Anche Mangoni – per il cui coraggio provo umana simpatia – tenga gli occhi bene aperti, perché, odiato dagli ex-suoi per l’abiura, è visto come selvaggina da caccia anche da coloro che con lui, in questo momento, siedono in giunta.
Stia attento davvero, perché, come un tempo disse il vescovo Giuseppe Debernardi a don Giuliano Mazzei, sampierano e priore di Lucciano: «Che credevi…? Questo mondo è un pagliaio: chi pela pela!».
Crudo, ma pragmatico e vero il prèsule. Magari sui “personaggi muti” ci torniamo domani o dopo…
[Edoardo Bianchini]
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