
PISTOIA. Perugino di nascita, pistoiese di adozione, Andrea Alfieri (oggi sessantenne) comincia prestissimo ad occuparsi di fotografia, quasi che la natura avesse voluto per lui necessario, come ausilio visivo, un apparecchio fotografico, strumento per scandagliare la realtà, al fine di impossessarsene profondamente in ogni sua “piega”. All’inizio sono tentativi e condivisione nei vari circoli e club fotografici, poi vera professione, che, come stampatore, in una attività durata un paio di decenni buoni, principalmente sul lavoro altrui, gli consente di affinare la sensibilità visiva a livelli percettivi raramente raggiungibili.
Il tempo, che lavora nel profondo, condensando e aggiustando le molteplici esperienze, definisce presto, in lui, i tratti di una personalità decisa, che unita ad un forte temperamento di artista, gli consente l’attuale linguaggio espressivo, denso di tratti che evocano ora l’incisiva acutezza dei pittori tedeschi (da Dürer e Holbein fino, forse, a quella più cruda di certi espressionisti), ora l’intima, minuziosa “descrizione” dei Fiamminghi, con le loro brune atmosfere.
Istanbul, Parigi, Dubai, Londra, prima, ma ora anche Berlino, Fez, Samarcanda e il deserto uzbeko, attraverso le loro irriducibili diversità, consentono, a questo abilissimo quanto singolare fotografo, di realizzare “percorsi visivi” intriganti, anche attraverso inattese suggestioni urbane, garbatamente iperrealiste.
Come spiega lo studioso Antonio Natali “il linguaggio d’Alfieri è radicato nella tradizione della pittura italiana. I tagli delle sue fotografie non possono prescindere dal grande cinema del Novecento; però la costruzione delle sue immagini si fonda sull’esperienze prospettiche dell’Umanesimo quattrocentesco. Riferimento – questo – che parrà tanto più palese quanto più si rifletta sulle sue scelte scenografiche. Le sue visioni urbane sempre rivelano una predilezione per le fughe spaziali: finestre che s’inseguono in serrate sequenze geometriche, dove le figure umane si muovono solitarie come nelle istantanee di Hopper. E poi – frequenti – gl’imbuti prospettici; alla stregua di moderne ‘tavolette’ brunelleschiane…”
Andrea Alfieri negli ultimi anni ha iniziato una fitta e prestigiosa attività espositiva ed è attualmente impegnato come fotografo presso Dynamo Camp, dove realizza quotidiani reportages dell’attività ludico educativa, che ha come soggetto dominante la vita sociale dei giovani ospiti.
Umberto Semplici
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