
PAROLA DEL SIGNORE
PAROLA DI ‘LINEA LIBERA’
ATTO II – IL PIPPONE
(attenti ai colori)

Come tutte le cose tossiche
anche questa va presa a gocciole
AGLIANA. Secondo round, questo che state per leggere, della vicenda concorso-Nesti/Tar-Consiglio di Stato. Una bella boccia per il lettore: gli ci vuole fede e pazienza. Ma se vuole capire bene, non deve distrarsi.
Ieri, 6 dicembre 2019, avete visto la ricostruzione degli eventi secondo il fu-comandante: esattamente come la volle presentare al Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti. Oggi potete centellinare – pian piano perché le cose sono lunghe e tossiche – le accuse che l’ottimo comandante (così lo definì Fragai) depositò al “tribunale dei ministri” onde chiedere la condanna dei due scrivani della Piana accusati di alto tradimento nell’àmbito delle norme deontologiche.
Ecco di séguito la prosecuzione della geremiade di A.A. Nesti al Muro del Pianto:
L’attività di “Linea libera” (ex “Linee future”: ma già “Quarrata News” aveva dedicato alla mia persona e al mio lavoro un’attenzione continua e continuamente malevola, che mi riservo di documentare su richiesta di codesto Ordine) si configura come una autentica persecuzione nei miei confronti in particolare per i seguenti aspetti (che più sotto si dettagliano):
• come potete vedere, Baltasar/Nesti non si limita a esporre e circostanziare: esprime assertivamente dei definiti e definitivi giudizi di merito, tipo «un’attenzione continua e continuamente malevola», «una autentica persecuzione»; accuse che non furono ritenute fondate dalla Commissione di Disciplina. Ed ecco i motivi della nostra malevolenza contro di lui:
– per il numero degli articoli, che ammonta a oltre settanta (a nessuna altro argomento risulta dedicata una tale attenzione da parte del periodico, pure uso a scegliere bersagli colpiti poi con pervicacia, come dimostrano anche le cause per diffamazione sostenute, con alterni esiti, dalla testata);
• e già qui Baltasar/Nesti la fa “fuori del vaso”: 70 articoli? Cosa sono 70 articoli per uno strascico di morti durato dal 1999 al 2015? Nessuno ha mai avuto un trattamento simile? Che ne dicono, il fu-comandante e gentile consorte, dei 150 articoli riservati a una loro buona conoscenza, l’egregio dottor Luigi Egidio Bardelli, padrone di Tvl (e di mezza Pistoia), anticomunista ma caro al regime costituito (Comune-Berti e Asl-Abati) che gli ha inviato tanti quattrini quanti furono gli ebrei spediti ad Aushwitz, a trenàte?

Si tratta di quello stesso signore a cui lui, l’ottimo comandante, fece per anni contratti pubblicitari, come capo dell’ufficio commercio, per un totale di oltre (se non erro) 30mila euro. Quando mai avete visto un Comune che dà 60 milioni di lire per far parlare il Tg60 del “Giugno Aglianese”, una festa di paese da trepalle-un-soldo?
Che rapporti c’erano fra il Comune di Agliana e Tvl? Lo abbiamo scritto, ma nessuno ha avuto il coraggio di querelarci, neppure Paolo Magnanensi, la cui figlia lavorava, all’epoca, in Tvl.
E che dire di questa espressione: «una tale attenzione da parte del periodico, pure uso a scegliere bersagli colpiti poi con pervicacia, come dimostrano anche le cause per diffamazione sostenute, con alterni esiti, dalla testata»?
Si dà per scontato che noi non facciamo giornalismo, ma tiro al piattello e tiro al volo? E che lo facciamo come degli autistici senza cessare un attimo? E che ne sa, il Nesti, delle «cause per diffamazione sostenute, con alterni esiti…»? Quello che narrano le pettegole al Vespro delle 16? Quando Linea Libera scrive, pubblica documenti a fianco: e quando, invece, scrive Nesti, gli si deve credere sulla parola? Ecco altre cause della nostra malevolenza:
– per i contenuti tendenziosi e diffamatori;
– per le intonazioni acrimoniose.
• vedete lettori e lettrici, passerotti, micine e micette del Petting Club Montale? Nesti asserisce, dà per certo e scontato: non dice che lui ritiene i contenuti dei nostri scritti «tendenziosi e diffamatori», no; li presenta come tali, senza prospettarne una ipotesi, ma impropriamente indicando un dato di fatto (sono tali e basta di per sé). E anche le “intonazioni” sono acrimoniose. E come può distinguere, il Nesti, fra acrimonia e satira? Lo può perché lui è «uomo d’onore» (Shakespeare) e ha accanto una «streghetta» che, se guarda la gente a digiuno, riesce a vederne pensieri, parole, opere e omissioni, perché ne legge le intenzioni…?
In particolare, l’accanimento è proseguito dopo che ho perso ogni incarico di carattere dirigenziale e quindi ogni rilievo pubblico, e si è andato configurando come vero e proprio stalking ai danni di un cittadino già pesantemente colpito da errori di altri, pesantezze dei meccanismi burocratici, ritardi della giustizia. I toni degli articoli, anzi, si sono fatti sempre più livorosi e derisori (per inciso: via via che più sciatto e faticosamente sardonico si faceva lo stile di scrittura).
• ed ecco la dimostrazione che fa di un giudice penale, lui, il Nesti (per quanto non togato), un sostanziale incapace di comprendere i minimi princìpi del diritto.

Ricordate che nel periodo 2002-2005 Nesti dichiara (nel suo curriculum) di avere svolto attività di Pubblico Ministero in udienza? Bene. Fate attenzione a ciò che dice: «l’accanimento è proseguito dopo che ho perso ogni incarico di carattere dirigenziale e quindi ogni rilievo pubblico»; cioè, perso il comando, lui (secondo se stesso) torna ad essere un cittadino semplice, un uomo qualunque.
E allora, accidenti a quei colleghi cialtroni che si sono accaniti contro quel demente che andava a strisciare il tesserino delle presenze in Comune in mutande e con le infradito! Quei colleghi lì sarebbero dovuti finire in galera, non quei delinquenti che truffavano il Comune!
Per Nesti, rinsantato e rinverginito come un tempo le puerpere che venivano riammesse in chiesa dopo il parto ma solo dopo essere state “purificate” dal prete (che ne dicono don Tofani e don Biancalani, compagne?), riscuotere uno stipendio pubblico, anche di semplice vigile urbano, non comporta l’accessorio di mantenere «rilievo pubblico» e di poter essere al centro dell’attenzione della stampa.
È un’interpretazione degna di un vero maestro di diritto del livello di Cino da Pistoia: ma lui è «un uomo d’onore» (ri-Shakespeare) e deve essere tenuto indenne da insane attenzioni e azioni (addirittura) di stalking, lui che oramai è «un cittadino già pesantemente colpito da errori di altri, pesantezze dei meccanismi burocratici, ritardi della giustizia». Poi mancava altro altro per poter recitare la parte dell’asino bastonato a morte?
Ed ecco il “ciliegiotto” (come si diceva noi campagnoli quando i primi frutti iniziavano a prendere il colore del Pd, il fucsia…) sulla torta: «I toni degli articoli, anzi, si sono fatti sempre più livorosi e derisori (per inciso: via via che più sciatto e faticosamente sardonico si faceva lo stile di scrittura)».
Qui la «streghetta», mi pare di capire, è rimasta a digiuno e si è lasciata ovviamente andare a una sottile esegesi (per gli allievi della Fedeli: interpretazione del testo) stilistica, richiamando l’attenzione sul fatto che i toni erano sempre più livorosi e derisori via via che «lo stile di scrittura», «per inciso» (fine annotazione critico-filologica), diventava «più sciatto e faticosamente sardonico». Minchia! Par di leggere il giudizio severo di una culturosa prof. su un compito in classe!
Le notizie sono state sempre selezionate in maniera da mettere il mio operato e perfino la mia personalità sotto una luce ambigua e addirittura sinistra; le opinioni dell’articolista sono state esibite con argomentazioni capziose, con cadenze martellanti, con riferimenti sempre vaghi alla vox populi. In particolare, si segnalano i seguenti elementi, motivati nel dettaglio più sotto:
• la progressione drammaturgica si sviluppa passando dai toni del severo a quelli del tragico, con il presentare le nostre notizie come appositamente artefatte onde porre la personalità di questo dileggiato Rigoletto «sotto una luce ambigua e addirittura sinistra».
A questo punto la Commissione di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti si sarebbe dovuta chiedere: «Ma con i giornalisti di Linea Libera siamo dinanzi a dei Cortigiani, vil razza dannata di verdiana memoria o che altro?», esternando, infine, tutta l’umana comprensione per un vero e proprio commovente Quasimodo da Notre Dame. Indi segue la solita diarrea (che alla lettera significa solo «scorrimento»):
– la ripetizione ossessiva dell’identità del “vero vincitore del concorso”, collegata all’insinuazione che io sarei stato dichiarato vincitore solo grazie a protezioni e trame di politici e amministratori;
• Mauro Goduto è stato sacrificato sull’altare della Commissione di Concorso, e Baltasar/Nesti è stato benvoluto e protetto: bestemmia! dice il fu-comandante. Ma proviamo a leggerla sotto quest’altro profilo e – se c’è più di un solo neurone – impegnamoci a riflettere.
Nesti vince per un pelo rispetto al secondo classificato Mauro Goduto. Il Tar dà ragione almeno alle segnalazioni del Goduto stesso. Non è che il Comune, preso atto delle indicazioni del Tar, decide – e avrebbe risolto tutto in tre mesi – di annullare la graduatoria e ripetere il concorso. No, non fa così. Chiama un prìncipe (o una principessa?) del foro di Pistoia e si fa dare un parere legale (che paga: ma quanto?); una consulenza che si rivela “del Menga”.
La commissione si riunisce e si accorge (un po’ tardi, per la verità…) di non avere allegato (ma che sbadati, diavolo!) un im-brogliaccio con gli scarabocchi sopra, carta straccia che rifila al Tar. Il Tar fa una grossa risata e manda il Comune della Ciampolini a fanculo (silenzio, Pd: state facendo il governo con Grillo! Queste parole sono suoni divini per voi), ma il Comune riparte all’attacco e si rivolge (stavolta ci si aggancia anche Baltasar/Nesti) al Consiglio di Stato.
Ora la domanda è: con tutto questo dispendio e dispiegamento di forze per mantenere in piedi quella graduatoria lì, quella del Nesti vincitore, secondo un modesto cervello anche con due soli neuroni, la democratica e legalitaria amministrazione Pd dell’Eleanna avrà voluto un comandante per i vigili o quel comandante per i vigili e quello solo, cioè il famoso “ottimo comandante” del commissario del popolo Rino Fragai?
Le professoresse non dovrebbero insegnare ai loro allievi a ragionare e argomentare con logica stringente? Altrimenti cosa insegnano, solo i valori dell’antirazzismo e dell’inclusione? Insomma botte a Linea Libera e come includere, comunque, il proprio consorte in un comando di vigili?
Quali controdeduzioni sfodererà, ora, la «streghetta» che vede a digiuno, ma non più in là dei propri interessi milionari correlati a Baltasar/Nesti-cassaforte di 500mila potenziali €?
– il dovere dell’Amministrazione di licenziarmi per una presunta norma che avrebbe rescisso il mio contratto di lavoro precedente al momento dell’entrata in carica come Comandante, e la connessa stigmatizzazione di qualsiasi mia ricollocazione professionale, perfino la più sminuente;

• l’ intransigente amministrazione Mangoni non è che avesse – come ci fa dire Baltasar – il dovere di licenziarlo: è solo che, a nostro avviso, non aveva il potere (ma certi princìpi giuridici non passano nella testa di Nesti, neppure se è stato Pubblico Ministero in aula) di ricollocarlo come vigile semplice, dato che non risulta che fino ad oggi sia stata abrogata la norma di cui all’art. 65 del Dpr 3/1957 (Divieto di cumulo di impieghi pubblici)
– il dover io rispondere (presso la Corte dei Conti e di fronte ai cittadini aglianesi) di un presunto danno erariale causato dal mio lavoro quindicennale come Comandante, per il quale avrei percepito emolumenti illegittimi;
• nei 15 anni di Dux, l’ottimo comandante Nesti avrà avuto un qualche sviluppo di carriera o no? Se l’ha avuto – come siamo, più che convinti, quasi certi –, poiché il parere del Consiglio di Stato ha definitivamente demolito la graduatoria di cui Nesti si avvaleva; e poiché, come in questi casi, la ha demolita ex tunc (= cioè fino dal primo momento), Baltasar-Rigoletto-Quasimodo o comunque lo vogliamo definire, ha svolto, sì, le funzioni di capo-duce-comandante ed ha, perciò stesso, diritto alla differenza stipendiale fra la categoria C e la D, ma – se non sbagliamo – non ha diritto a sviluppi di carriera né a inquadramenti automatici, in quanto capo-duce-comandante f.f. (facente funzione o, se preferite, fuffa) e non titolare.
Che forse una proff. che si trovi ad essere «preside facente funzione» per un un anno, acquisisce il diritto a diventar dirigente titolare fino alla morte? Che forse passa al pieno stipendio di dirigente, con annessi e connessi tutti?
Questo può succedere solo a Disneyland e se si prendono avvocati come Topolino (citazione dal consigliere Baroncelli nella seduta del 1° luglio 2019). A Agliana tutto questo, in giunte legalitarie di tipo magnanenso-ciampoliniano «fete e’ scararrafone» (Totò); traduzione: puzza di piattola, sa d’inciucio. Nesti lamenta anche
– l’illegittimità della nomina, da me effettuata, della Vicecomandante, nonché l’irregolarità di altri atti e altre decisioni, irregolari e in particolare vessatorie nei confronti di agenti del Comando;

• ecco un altro «punctum dolens» (= traduzione: troiaio) del ducato di Nesti.
Il fu-comandante nominò la signora Sonia Caramelli vicecomandante (con lei “pisciava dal solito buco” politico, cioè erano amicissimi anche per coloritura) perché, rispetto alla signora Lara Turelli, Baltasar non volle considerare come anzianità di servizio un periodo di maternità, conteggiando il quale la Turelli avrebbe sorpassato la Caramelli.
Oggi che è ricorso al giudice del lavoro, il fu-comandante si faccia spiegare per filo e per segno che la maternità è considerata periodo utile allo sviluppo di carriera, come il servizio militare e il riscatto della laurea ai fini della pensione.
Domanda: ma Nesti, in funzione di Pubblico Ministero in aula, faceva condannare la gente? Poveri imputati, se Baltasar ragionava con questi parametri! Questa battuta che pare feroce, ma è solo realistica, è esemplata su una simile di Paolo Cappellini, ordinario di diritto civile e privato a Firenze, fatta quando – ero presente di persona – dopo una interrogazione estenuante a una studentessa che non capiva una minchia, concluse dicendo: «E lei vuole fare l’avvocato? Poveri clienti!».Nonostante non abbia fatto altro che stare in mezzo a norme, leggi, circolari e tribunali, sembra che l’ex-comandante sia diventato una sorta di ovosodo.
Poi la questione delle vessazioni nei confronti di vigili suoi subalterni: Nesti si è dimenticato, per esempio, del vigile Daniele Neri, costretto a migrare a Quarrata e danneggiato (niente sviluppo di carriera, con pregiudizio economico) solo perché non voleva fare tante multe quante ne avrebbe gradite il fu-comandante?
E si è dimenticato, Baltasar/Nesti, che il Neri ha avuto ragione dinanzi al giudice del lavoro? Posso fermarmi qui o devo andare avanti e citare ancora un altro paio di nomi di vigili davvero strizzati dal povero perseguitato non-comandante? E Nesti prosegue:
– la temerarietà della mia azione legale (che in alcuni articoli viene peraltro beffardamente sollecitata) innanzi al Giudice del Lavoro per risarcimento danni – cosa che mi annovera tra i “persecutori” (sic) dell’asserito “vero vincitore” – nonché di ogni mia iniziativa volta a tutelare i miei diritti e interessi umani e professionali;
• l’azione legale del Nesti – che magari potrà anche finire con un risarcimento del danno (in Italia succede di tutto), ma che i nuovi sindaco e giunta dovrebbero addossare alle giunte passate e recuperare da chi Nesti sostenne a spada tratta – è e resta, a nostro giudizio, temeraria e strumentale.
Infatti non lo abbiamo mai preso per il culo «beffardamente», come lui sostiene: gli abbiamo consigliato di fare causa ai suoi compagni, di politica e di giunta, che sono i veri responsabili nell’averlo (beninteso con il suo più ampio consenso e assenso) spinto in una vera e propria cloaca di stupidaggini giudiziarie, grattandolo sotto il mento come si fa con i gatti per fargli fare le fusa.
I suoi diritti, Baltasar, li avrebbe dovuti tutelare nella maniera più appropriata: ma evidentemente sembra aver preferito la via più facile, quella di mettere il peso delle sue rivendicazioni sul groppone del popolo incolpevole, e bue quel tanto che basta per prenderlo a calci in culo senza pericolo. Così continua:
– l’insistenza e l’enfasi con cui vengono riferite e commentate le interpellanze e interrogazioni che, al Consiglio Comunale, sostengono i teoremi fin qui menzionati e che ipotizzano o dichiarano irregolarità gravissime, con la simmetrica omissione delle posizioni istituzionali che confutano e smentiscono tali ipotesi; si noti che, a un esame di tipo filologico, molte di queste interrogazioni presentano evidenti e numerose tangenze con gli articoli di A.R.;
• questo paragrafo è dedicato alla scienza dell’esegesi. Sarà difficile credere che un’espressione come questa «a un esame di tipo filologico» possa agevolmente e credibilmente rientrare in una Kommandantensprache (= lingua tipica di un comandante di vigili urbani: vieppiù se, di base, geometra).
S’accorda, al contrario, assai meglio a gente colta e letterata, che magari legge in russo (по русски, pa russki) e in francese (en français), finezze grazie alle quali è possibile cogliere che «queste interrogazioni presentano evidenti e numerose tangenze con gli articoli di A.R.».

Sottolineo tangenze qual pregiatissimo “tartufo bianco d’Alba” come termine usato al posto del più comune, vile e plebeo concordanze: insomma una specie di preziosissimo Dom Pérignon 1958 di zerozerosettiana memoria. E si va avanti:
– la creazione di non-notizie, anche a notevole distanza temporale dai fatti, in assenza di qualsiasi sviluppo oggettivo della vicenda e senza alcuna consistenza informativa;
– la diffusione di dati riguardanti la mia vita lavorativa e personale (addirittura la mia salute) del tutto ininfluenti sulla vicenda in questione;
– l’assoluta omissione di rettifiche nonché di tutte le notizie a me non sfavorevoli e tali da ripristinare la verità dei fatti;
• eh sì! A Linea Libera siamo troppo creativi. Abbiamo anche il vizio di diffondere dati lavorativi e personali (addirittura la salute altrui, sic!) «del tutto ininfluenti sulla vicenda in questione». Eppure non ne siamo affatto convinti.
Rileggendo tutti gli articoli pubblicati, ognuno potrà rendersi conto del fatto che qualsiasi nota era necessaria e sufficiente a illustrare gli eventi e i fatti – e finiamola qui. Ma il prossimo paragrafo è, Mon Dieu!, un vero e proprio “capolavoro nei secoli”. Lisez, s’il vous plait. Il testo merita un bel neretto:
– il rifiuto della proposta, formulata verbalmente da mia moglie per il tramite di una forza politica locale, di ascoltare direttamente da lei la ricostruzione dei fatti.
• saremmo stati dei perfetti giornalisti, con la benedizione di dio e in piena regola con il pieno rispetto della deontologia professionale, da noi evidentemente stuprata, se… se avessimo accettato di farci raccontare la storia della vita e le opere del capo-duce-comandante Nesti (reggetevi forte e, se non avete il pannolone come me, trattenete il piscio fino a cesso!) direttamente dalla voce professoral-professionale della sua alma consorte, ascoltando «direttamente da lei la ricostruzione dei fatti».
E qui, aglianesi e micine del Petting Club Montale; Dardanelli varie e Pippolini, monache e badesse del monastero di San Salvatore in [L]Agna, comandante Paola Nanni e don Ferdinando Nullasò, circolo dei notai e degli avvocati pratesi colorati non di rosso cardinalizio comunista, ma della porpora vescovile catto-comunista, gente che semina cause civili ai quotidiani che raccontano i fatti con documenti alla mano, o Voi tutti quanti insieme nel paiolo del minestrone di Gurdulù (e studiate, ciuchi, se non capite le tangenze e i riferimenti!): e qui, dicevo, sparatevi un colpo nella tempia.
Baltasar/Nesti chiama in aiuto Blimunda/Milva. Lei, stavolta, fa colazione e corre (pare) dai 5 Stelle per chiedere loro di farsi intermediari «appo di noi» (= in lingua medievale e dantesca: presso di noi) per poterle permettere di narrarci la ricostruzione dei fatti.

Ma perché mai quel coso di Di Pietro, anziché interrogare Bettino, non si fece avvicinare dalla moglie di Craxi attraverso l’intercessione, per esempio, del Partito Repubblicano? Sarebbe venuta bene quella testimonianza in aula, non credete? Ben superiore a quella di Bettino stesso! Quello sì che sarebbe stato giornalismo: lei saliva in cattedra e ci faceva lezione!
Qui, gente della Piana, siamo al più totale disorientamento e nella piena “sconclusione” mentale: la bussola va impazzita all’avventura e il calcolo dei dadi più non torna…
Ma avanti ancora, con lo stupendo “pippone finale”:
Ci si astiene qui, naturalmente, dal formulare supposizioni circa i motivi reali che hanno determinato una tale puntigliosa attenzione nei miei confronti, e ci si limita a richiamare le più evidenti trasgressioni rispetto al Testo unico dei doveri del giornalista entrato in vigore il 3 febbraio 2016.
In generale, l’intera mole di informazioni e opinioni relative alle mie vicende professionali mostra caratteri inconciliabili con l’articolo 1 del Testo unico: i giornalisti hanno come “obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.
Le mancate rettifiche contrastano con il medesimo art. 1 (“Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori”) nonché con l’articolo 9, punto 1. e punto 2.
Anche i fondamenti deontologici (articolo 2) risultano trasgrediti, soprattutto al punto 1. e 2 nonché, evidentemente, al punto 6. e al punto 7.
Gli articoli contrastano inoltre con il punto 1 dell’articolo 3 (si consideri altresì che la divulgazione di notizie tendenziose è giunta a mio figlio minore, con dolorosi effetti sul suo benessere).
Le complessive e costanti modalità di ricostruzione e presentazione dei fatti sono in palese contraddizione con i punti 4. e 7. dell’articolo 9.
L’articolo 10 risulta infranto al punto 2. dal giornalista Alessandro Romiti poiché nella homepage del periodico nonché nelle pagine interne compare ininterrottamente la pubblicità della sua azienda di legnami, “RomitiLegno”. romitilegno.png
Per tutti questi motivi, dimostrati dall’elenco dettagliato più in basso, si chiede – a causa della violazione delle regole e dei princìpi contenuti nel Testo unico (e integranti lo spirito dell’articolo 2 della legge 3.2.1963 n. 69) – per Alessandro Romiti e per Edoardo Bianchini l’applicazione delle norme contenute nel Titolo TU della citata legge.
• Zaìn! (omaggio alla Sen. Segre: ma in ebraico l’espressione equivale a cazzo!).
Il Baltasar/Nesti «si astiene qui, naturalmente, dal formulare supposizioni». Infatti, lui formula solo supposte lassative di Zetalax. Siamo noi di Linea Libera ad essere trasgressivi (che potrebbe anche essere bello, se avessimo un club privé o una agenzia di scambisti…). Ma soprattutto c’è un grave problema di mancate rettifiche: noi avremmo dovuto rettificare ciò che, secondo la narrazione di Nesti&Blimunda, non corrispondeva al vero o era in grado di ristabilire la Pravda (= verità) di Agliana.

E quali sarebbero state queste rettifiche? Dovevamo immaginarle con rocambolesche non supposizioni, ma supposte alla Nesti? Baltasar, però, pur essendo stato Pubblico Ministero in aula, non è stato in grado di leggere la norma, che è la seguente: «L. 47/48 Art. 8 (Risposte e rettifiche). Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale».
In altri termini, Nesti non ha capito, ancora una volta, che «le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti» devono essere richieste dagli stessi soggetti interessati; tant’è che, per chiarezza, la legge (sempre art. 8) parla di autore della richiesta di rettifica: era dunque a carico di Nesti&C. chiedere che pubblicassimo dichiarazioni o le rettifiche, cosa che incombeva solo e unicamente su Baltasar/Nesti e non anche sulla sua legittima consorte con la sua pia idea di scomodare i 5 Stelle per raccontarci la sua versione di fatti.
Meraviglia, però, anche il silenzio di tomba della segretaria comunale, la Maga Smemorina alias la D’Amico che, di tutta la vicenda, si è lavata sempre le mani con abbondante e antibatterica Amuchina senza mai dare un sano consiglio a giunta e assessori: «Fatela finita, bischeri, con tutte ‘ste cause!».
In conclusione:
Risulta inoltre alla scrivente che il dott. *** ***, già collaboratore e rappresentante legale della testata in oggetto, ha “lasciato quel ‘giornale’ proprio per manifesta e sistematica sconfessione della deontologia professionale da parte di quel soggetto (leggi A.R.), cui inevitabilmente rischiava di essere assimilato”: prima di allontanarsi, risulta infine che il dottor *** abbia menzionato, tra i motivi del proprio disagio, l’articolo Malagiustizia. Ricorso ad personam per Andrea Nesti? (5 settembre 2017: cfr. link infra), giudicando una simile posizione “come inconciliabile con l’attività giornalistica, e dunque ostativo alla sua prosecuzione in tale contesto” (tra virgolette, comunicazione privata).
Per gli allegati, cfr. infra.
Per ogni eventuale chiarimento e comunicazione, indico qui i miei recapiti:
Andrea Alessandro Nesti
[…]
***@tiscali.it
Nel ringraziare per l’attenzione, rimango in attesa di Vostre comunicazioni e porgo cordiali saluti
Andrea Alessandro Nesti
• Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla! (Pascoli, Conv., Alexandros). Che fatica, zàin!, cercare di far capire le cose a chi parla solo perché ha uno sfintère che si chiama labbra/bocca!
Nel testo che Nesti invia alla Disciplinare si legge «Risulta inoltre alla scrivente…». Non vedete nulla? Non riuscikte a vedere alla: femminile, quota rosa, donna, essere non maschile e tutto il resto in fila?
Cosa devo pensare? Che parte dell’esposto – se non tutto – è stato assemblato dalla professoressa Cappellini o che si è semplicemente trattato di un nudo e crudo «lapis froidiano», una disattenzione, un errore di battitura?
In entrambi i casi la cosa suscita molti problemi filologico-testuali, di quelli che ama la «streghetta» Blimunda. Se alla è rimasto lì, e dietro v’è la dotta mano dell’insegnante che pretendeva di raccontarci la storia del marito sacrificato e incompreso, non ci fa meraviglia che a prevaricare non siano gli «òmini in su le donne», come vorrebbero far credere le micine del Petting Club di Montale, ma al contrario le Madonne sui poveri Cristi in croce che si tengono in casa dopo aver recuperato un astratto orgoglio scaturente dal superamento della cosiddetta «invidia penis» non gradita alla Blimunda & C..
Se in ipotesi alla, con quella A finale, non è che un errore di battitura, occorrerà chiedersi e ben riflettere con mente pura, come direbbe il Vico filosofo di Napoli, su come una A (prima lettera della terza fila in tastiera) possa essere stata scambiata con una O (nona lettera della seconda fila). Un dubbio resta irrimediabilmente aperto: ed è, obiettivamente, senza soluzione.

Nella denegata ipotesi, poi, che si voglia intravedere una terza possibilità, in subordine (ma sempre sull’involontario scambio A/O), potremmo pensare al già citato «lapis froidiano»: il che spiegherebbe, «a pippo di cocco», che «li òmini riprogrammati da le vergini dai candidi manti, le Vestali del femminismo, le locuste d’Egitto mangiatrici non di tenere erbette e d’insalate, ma di zucche (perlopiù vuote) che crescono ne’ lor horti», non sembrano molto rispettare i loro mariti, ma piuttosto condividerli o ancor più divederli: chiaramente dai loro attributi (di cui restano privi) poiché finiscono in mano alle loro altre metà del cielo. Ed è tutto un ridere.
Avrei finito: e voi direte in coro che era l’ora. Ma se reggete i romanzi russi, potrete farcela anche in questo caso. Nella prossima puntata vedrete la risposta della Commissione di Disciplina alla «coppia di alto affare», novelli don Ferrante e donna Prassede, Baltasar & Blimunda.
Vorrei però, già da ora, dare un buon consiglio: che questo “saggio” di esegesi e commento letterale, sui cui ho faticato assai, fosse studiato e soprattutto assimilato e da Baltasar e dalla Blimunda.
Il primo dovrebbe, a mio avviso, proficuamente usarlo come testo d’esercizio per affinare le tecniche logico-deduttive da utilizzare in aula ove tornasse a fare il Pubblico Ministero; la seconda potrebbe farlo imparare a memoria, come manuale di retorica e grammatica, ai suoi giovini per l’esame di stato, sì che essi potessero apprendere a ben argomentare, e in termini di logica stringente, il tema, se ancora esiste, dell’analisi testuale.
A tutti, infine: buon esercizi spirituali di finesettimana con questa massacrante lettura tipo Mes. Alla (come scrive Baltasar) è grande (aggiungiamo noi)!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
Leggete, fratelli e sorelle! Non fate come Salvini e 5 Stelle
che non lessero le cartelle del Mef e ora lo prendiamo tutti nello… Zipeppèf!
Scarica la seconda parte dell’esposto-Nesti alla Commissione di Disciplina OdG – Firenze
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