
PAROLA DEL SIGNORE
PAROLA DI ‘LINEA LIBERA’
ATTO III – ROSARI DI PIPPE E SPIPPOLATE DI ROSARI
(attenti ai colori)

Brevis esse laboro, obscurus fio
se la fo troppo corta, rischio che non mi capiate bene
Orazio, Ars, 25
AGLIANA-PISTOIA. Ieri l’altro, 7 dicembre, nella puntata precedente (Atto II – Il pippone, vedi), abbiamo narrato tutti i motivi del pianto di Baltasar/Nesti e della Milva/Blimunda, che si erano rivolti, contro Linea Libera, alla santa congrega dell’inquisizione: per i duri di comprendonio la Commissione di Disciplina dei giornalisti.
L’argomento di oggi sarà più ritagliato intorno al tema: quindi, etimologicamente, più «circonciso», ma non per questo meno interessante.
La risposta della Commissione Disciplinare la offriamo in immagini e in file pdf, a scelta; mentre la lettera di Baltasar/Nesti al Gran Ciambellano, Rino Fragai, allorquando il sovietkomissar si insediò nel Regno dell’Aglio, per quanto già pubblicata a suo tempo, la riproporremo in forma testo-commento in technicolor in quanto potrà far comprendere ancor più cose e in almeno cinquanta sfumature di grigio. Tenete tuttavia presente questi passaggi:
Nesti/Baltasar presenta un esposto alla Disciplinare dei giornalisti, contro chi scrive e Alessandro Romiti, il 22 gennaio 2018
Maria Milva Cappellini/Blimunda ne presenta un altro in data 14 febbraio 2018 sostenendo di essere stata vittima di lesa maestà «in qualità di moglie di Andrea Alessandro Nesti»
Nesti/Baltasar presenta una integrazione al suo primo esposto in data 25 marzo 2018.
Il ricorso alla Disciplinare della Prof.ssa Milva Maria Cappellini ci risveglia un ricordoo: anche la dottoressa Daniela Borri, in quanto moglie dell’allora fu-presidentissimo della Misericordia di Agliana, scese in campo a fianco e difesa del consorte, Corrado Artioli – c’è forse da credere perché non abbastanza autonomo per difendersi da solo?
Insomma: che le mogli “democratiche” degli aglianesi, residenti o adottivi (Baltasar fa parte di questa seconda categoria), si sentano autorizzate a scendere in campo al loro fianco, più che un retaggio del dovere di solidarietà prevista dalla regola «nella buona e nella cattiva sorte finché morte non vi separi», sembra appartenere al germe femministico della sinistra, di cui fanno parte a pieno titolo anche le cosiddette micine del Petting Club di don Ferdinando Betti.

Dunque il fu-comandante e gentile Signora un anno fa presentarono ben tre lagnanze disciplinari, nella speranza di colpirci in testa (sia me che il Romiti; il quale, se poi leggerete la «lettera a Fragai», vedrete che, come il Piervittorio Porciatti, non conta un cazzo, per dirla con il Marchese del Grillo): ma lo hanno fatto con il loro stile pretesco di sinistra accogliente: quando infatti abbiamo chiesto di poter leggere anche le cazzate degli esposti del 14 febbraio e del 25 marzo, questi cittadini esemplari, queste vittime della nostra malevola pervicacia, questi puri di spirito, questi angeli venuti in terra “a miracol mostrare”, questi fari di libertà e democrazia, di onestà intellettuale e trasparenza, con una lettera lunga un chilometro e mezzo, scritta anche dai giovani legulei dello studio Niccolai di Pistoia, si sono opposti a che la Disciplinare ci fornisse il testo delle loro accuse.
Come vedete, i giornalisti delinquenti ci mettono faccia e firma, ma la gente perbene, ottimista e di sinistra, no: non gli passa neppure per l’anticamera del cervello. Loro seguono i principi di Stalin: denunce anonime. E come «esempio educativo» per chi ha il compito di allevare i giovani alla cultura e ad essere cittadini di domani, non c’è che dire: siamo in ottime mani con sì tanta Blimunda!
Ora potete concedervi alla lettura della risposta della Disciplinare ai signori Nesti-Cappellini: «Niente da fare, esimi! Quello che Bianchini e Romiti hanno scritto, rientra pienamente nell’esercizio dei diritti di cronaca e di critica». Una bella targa di Parma strascicata (Prrrrrrrr……). E meno male che Nesti era stato Pubblico Ministero in aula, poveri accusati!
Le immagini:
E ora passiamo alla “licking missive” che Baltasar/Nesti scrisse, il 5 ottobre 2014, all’assessore Rino Fragai per cercare di aggiustare le sue cose. Ecco il testo (anche scaricabile):
Pistoia, 5 ottobre 2014
Egr. Assessore,
come anticipatoLe, consegno alcune considerazioni sulla vicenda relativa all’imminente appello presso il Consiglio di Stato della sentenza del TAR Toscana dell’estate del 2010, sentenza, con cui è stata annullata la graduatoria del concorso del 2000, all’esito del quale sono risultato vincitore e quindi nominato Comandante.
L’inquadramento “etico” di quello che è accaduto – e che credo potrà ben comprendere visti i Suoi trascorsi come rappresentante sindacale – è, molto semplicemente, lo sgomento di un lavoratore che, del tutto incolpevolmente, subisce, a distanza di 10 anni, gli effetti della superficialità e della incompetenza di una Commissione di concorso [e probabilmente anche degli avvocati impegnati nelle prima fase del contenzioso] e che, nonostante la serietà e le capacità mostrate, vede ‘‘affossare” ingiustamente la propria carriera professionale per motivi del tutto estranei al lavoro che svolge.

– per Baltasar/Nesti tutti, nessuno escluso, se sbagliano, appartengono irremissibilmente alla famosa categoria delle “teste di cazzo”.
Sono superficiali e incompetenti sia la commissione che lo ha promosso comandante, che gli avvocati a cui l’amministrazione si è affidata.
Intende dire, il Nesti, anche il principe/la principessa del foro di Pistoia, che ha avuto la bell’idea del foglio volante scarabocchiato presentato al Tar come se i giudici amministrativi fossero tutti dei cretini patentati?
A parte la rilevante quantità di denaro già spesa [e ancora da spendere] in avvocati, devo anche subire il sospetto – più o meno malevolo – di coloro che mi considerano [o fingono di considerarmi] un funzionano delegittimato, usurpatore di un titolo e di una funzione e quindi un disonesto intrallazzatore. Naturalmente poco importa dei vari Porciatti o dei vari Romiti, ma – per esempio – non è stato piacevole apprendere di non essere più ospite della Festa dei Carabinieri perché considerato presenza inopportuna.

– Nesti non ha né usurpato né intrallazzato, dice. Peccato, però, che prima della conclusione del suo concorso una lettera anonima spedita in procura a Pistoia (e certo non possiamo essere stati noi, a quell’epoca non esistevamo: io e Alessandro Romiti) prevedeva che lui, proprio lui e non altri, sarebbe uscito vincitore del concorso per comandante dei vigili.
Ma la procura della repubblica di Pistoia, si sa per espressa dichiarazione di Renzo Dell’Anno, ha teso sempre a mantenere bassi profili sulle questioni della pubblica amministrazione (specie se di sinistra, va aggiunto).
Il richiamo alla Festa dei Carabinieri è, a nostro giudizio, dirimente: il Nesti non se lo aspettava, evidentemente – specie da parte di amici con cui aveva buoni rapporti in relazione alla sua qualifica di «ufficiale di polizia giudiziaria» –, di essere messo alla porta in quanto «presenza inopportuna».
Domanda: e allora come poté accadere che la lettera anonima, che prevedeva la vittoria del Nesti, andasse all’archivio (leggi: cestino) nonostante la previsione del nome del vincitore si fosse poi realizzata in uno stato di fatto alla luce del sole? Mistero della fede!
L’inquadramento giuridico, invece, è relativamente banale nella descrizione degli eventi e, per contro, più complicato nei possibili sviluppi.
La ricostruzione dei fatti, che sicuramente anche altri le rappresenteranno, è, in breve, questa:
il concorrente qualificatosi secondo, con uno scarto minimo, propone ricorso sia per la mancata valutazione di alcuni titoli sia per rilevate irregolarità nelle procedure. In particolare, osserva che in una pagina del verbale delle operazioni del concorso è stato attribuito un punteggio ad una delle mie prove scritte di 23,50 mentre nelle pagine successive il punteggio indicato è di 25,50.
– Nesti/Baltasar è pienamente consapevole della «rilevante irregolarità nelle procedure» della commissione di concorso.
Di fronte al TAR, il Goduto (che poco godette – n.d.r.) chiede la sospensiva della graduatoria, ma il TAR manifesta l’intenzione di non volerla concedere, ritenendo necessario che la Commissione di concorso precisi qual è, tra i due indicati, il punteggio esatto. Rinvia quindi gli atti al Comune perché provveda.
– e qui va detto che, pure se le decisioni dei giudici vanno rispettate, possono e devono essere criticate, se lo richiedono. Cosa sarebbe costato al Tar sospendere l’atto? E non sarebbe stata una via più agevole per chiarire l’impiccio? Visto da fuori e da un profano come chi scrive, si ha l’idea che il Tar abbia voluto favorire l’amministrazione di Agliana lasciandole mano libera per proseguire con la decisione di nomina del Nesti: ma se tutto fosse rimasto sospeso fino a definizione, si sarebbe mai creato un “casino della madonna” come abbiamo visto, durato 15 anni e finito in un mare di cacca?
Questo modo di procedere non è stato contestato dal TAR all’esito dell’adempimento, ma arrivati al merito, nel 2010, i giudici hanno ritenuto che quel foglietto – non facente parte del verbale di concorso perché non incluso nei documenti – non poteva essere utilizzato per correggere l’errore. Il foglio, il fatto che la Commissione abbia ribadito che il mio elaborato era certamente di qualità superiore al 23,50 e via dicendo, ha ingenerato nel TAR l’idea che la correzione del verbale sia stata fatta ricorrendo a modalità che non la consentivano. In altre parole, la Commissione doveva e poteva correggere l’errore, ma non nel modo in cui l’ha fatto.
– alla fine al Tar nasce il sospetto che il foglio volante con scarabocchi di voti, suggerito come rimedio dal famoso “principe del foro” di Pistoia, fosse, fuori dei denti, un falso bello e buono. Non so se la cosa sia chiara a tutti, a partire dalla gentile consorte del Nesti.
Per contro, io mi trovo nella posizione di dover, se mai, contestare alla Commissione e all’Amministrazione Comunale, il danno che mi hanno provocato non solo sbagliando nel redigere il verbale del concorso (e qui l’errore può anche essere comprensibile), ma, addirittura, sbagliando una seconda volta nel correggere il primo errore [e in questo secondo caso l’errore diventa inammissibile].

– ormai l’idillio di Nesti con la Ciampolini è incrinato. Fanno tutti schifo, sembra dire: commissione di concorso e giunta. Tutti degli incapaci. Avrebbero fatto – aggiungo io – prima e meglio se, quando parlavano di foglietti volanti e pezzettini di carta scarabocchiati, si fossero rivolti, per un’appropriata expertise, all’assessore Alberto Ciampi, dottore di ricerca in papirologia con il valentissimo professor Bastianini dell’Università di Firenze.
Magari Alberto li avrebbe potuti aiutare a trovare un pezzettino di papiro egizio del Medio Regno più convincentemente adatto alla bisogna – non criticatemi se sbaglio: non sono un egittologo né un papirologo e ha voluto solo fare una battuta!
L’appello pendente al Consiglio di Staio, anzi gli appelli, sono finalizzali a conservare l’operato della Commissione e quindi la graduatoria di concorso che, allo stato, è annullata. Il Goduto ha chiesto l’ottemperanza e, non soddisfatto, ha impugnato la sentenza del TAR su questo specifico aspetto. Quindi il giudizio del 18 dicembre riguarderà entrambe le questioni, ma per quello che ci interessa più da vicino, ci saranno, in sostanza, due possibilità:
– e qui partono i consigli disinteressati di Nesti, stile Cicero pro domo sua:
se il Consiglio di Stato accoglie gli appelli nulla questio (il Nesti che cita in latino è, posso dirlo?, spettacolare: fa tanto il dòtto, ma questio si scrive così: «quaestio», perché non siamo all’epoca di Dante! – n.d.r.); se, per contro, li respinge e annulla definitivamente la graduatoria, possono delinearsi questi scenari:
a) L’Amministrazione, se vuole dare seguito [ma non necessariamente] alle implicazioni che tale annullamento comporta, redige una nuova graduatoria dove(sarebbe meglio “in cui”: la graduatoria non è, strettamente, un luogo fisico – n.d.r.) sono collocato al secondo posto e chiama in servizio Goduto, riservandosi di assegnare o meno la PO (Posizione Organizzativa = € – n.d.r.).
– leggete bene questa proposta. È come un concentrato di brodo Knorr: «L’Amministrazione… redige una nuova graduatoria»; ma Nesti non sembra avere idea di ciò che dice. Quando mai si è vista un’amministrazione redigere una graduatoria? Non è in suo potere oppure, se lo fosse, non sarebbe costretta per legge a nominare una commissione d’esame per i vari concorsi.
Ma la cosa peggiore è ciò che segue: l’amministrazione «chiama in servizio Goduto, riservandosi di assegnare o meno la PO», ove PO non è la targa di Prato, ma la cosiddetta Posizione Organizzativa. La facciamo breve? Qualche tempo fa scrivevo:

«In molti narrano – e lo ripetono a destra e a manca, con la mano dinanzi alla bocca per poter tirare il sasso e nascondere sùbito il pugno dietro la schiena – che al tempo in cui il Tar della Toscana dette torto per la seconda volta al Comune di Agliana (completamente decerebrato anche da consigli di legali del cazzo, che suggerirono di accomodare le valutazioni della commissione di esame del Nesti con dei foglietti volanti, pizzini degni più di una mafia che di una amministrazione pubblica), sembra che un sindaco chiamasse un comandante della polizia municipale e gli parlasse chiaro e tondo: «Facciamo – avrebbe detto quel pubblico amministratore – così: prendiamo atto della decisione del Tar e, per metterci al sicuro, assumiamo il vero vincitore del concorso. Poi potremmo rendergli la vita così difficile per sei mesi, che sarà costretto a tagliare la corda. E tu subenti…».
Dunque non era, quella di cui parlavo, una leggenda metropolitana o una semplice (e odiata dai Nesti) vox populi, se lo stesso Nesti, in questa “licking missive”, ci riporta la stessa architettura di costruzione: si fa entrare Goduto e gli si nega la posizione organizzativa. Ora però, o democratici di sinistra, o sacerdoti della trasparenza, dite: chi agisce così è o non è «intrallazzone»?
A parte il contenzioso che, a quel punto, dovrò aprire io contro la negligenza della Commissione e dell’Amministrazione che he ha approvato l’opera, come Le ho già anticipato, mi vedrei – allo stato degli atti – ricollocato da D6 in C2.
Sul punto è in atti una lettera a firma dell’Avv. Marco Lovo (sodo? – n.d.r.) nella quale si sollecita una revisione di quell’inquadramento. È vero che sono cambiate molte cose: Regolamento del Corpo [che tra l’altro ho modificato io!], contratto collettivo di lavoro e dotazioni organiche, però con la VI qualifica ottenuta per corso concorso nel 1996 ero Istruttore di Vigilanza [e poi Responsabile dell’ufficio f.f.] e Ufficiale di Polizia Giudiziaria. Ho diretto, con quella qualifica, il Comando per oltre 1 anno e si trattava, quando espletato il concorso, della figura collocata tra il Funzionario VIII qualifica e gli Agenti collocati in V: era, in sostanza, una figura certamente addetta al coordinamento e al controllo.
Quando nel 2000 il Comune ha applicato il nuovo inquadramento io ero già Comandante e quindi non mi sono interessato al fatto (da me appreso solo quest’anno) che il mio profilo professionale era stato inquadrato al C2 e non al D1 come sarebbe stato, a mio avviso, corretto [né nessuno mi ha rappresentato alcunché o notificato alcun atto). Siccome la questione era, a quel momento, irrilevante, è stato fatto cosi, ma è evidente che la questione rischia di ritornare di attualità.
La collocazione in D potrebbe, forse, consentire il “recupero” delle progressioni economiche fatte nel corso degli anni e, certamente, consentire l’attribuzione della P.O. in considerazione dei titoli di studio e professionali [Laurea quinquennale; Master biennale interuniversitario, oltre 20 anni di polizia municipale di cui 15 anni in funzione di comando prima del Corpo e poi della struttura] di gran lunga superiori ai due D4 presenti nella struttura.
– Nesti invita a reinquadrarlo al livello D; così recupera tutto (sviluppi di carriera compresi)… Seguono altre ipotesi:
b) L’Amministrazione prende atto dell’annullamento e decide di indire un nuovo concorso affidando un incarico in attesa dell’espletamento di un nuovo concorso (naturalmente introducendo elementi di novità e/o differenziazione rispetto al concorso del 2000) oppure,
c) potrebbe “ristrutturare” l’intero servizio, magari nella prospettiva delle unioni, e affidare un incarico intuito personae per la durata del mandato proprio in relazione al nuovo ufficio.

– Cicero pro domo sua in action: Nesti suggerisce all’amministrazione di correggere 15 anni di errori ristrutturando l’intero servizio e chiedendo che gli si affidi, come dice lui, «intuito personae» cioè per riconosciuti meriti personali (e riecco la citazione latina scazzata: «intuitU [con la U, anche se non siamo in Sardegna, perché siamo nella quarta declinazione!) personae»
In questa terza ipotesi cadrebbe qualunque tipo di “attualità” della sentenza se “quel posto” non ci fosse semplicemente più. Non ci sarebbe certo elusione di giudicato perché il giudicato non si può formare sulla parte relativa all’obbligo di assunzione in quanto non di competenza della giudice amministrativo.
– Occhio alla conclusione: Nesti sta qui dicendo che, se si segue questo suo accorto suggerimento, si evita in assoluto il pericolo di cadere in una «elusione di giudicato»; cioè l’amministrazione non rischia per non avere dato séguito alla decisione di un tribunale. In soldoni: sembra di ascoltare il commercialista che ci insegna ad aggirare le tasse in maniera del tutto legale. E scusate… lo scrive pure!
È di tutta evidenza che tale ultima soluzione, oltre ad esprimere un segnale di apprezzamento della mia opera professionale, avrebbe in sé un ulteriore contenuto di giustizia del quale, credo, si possa obiettivamente avvertire la necessità.
Certo, rimarrebbe aperta la vicenda dell’inquadramento giuridico ma, nell’ipotesi sopra delineata, potrebbe essere affrontato anche in un contesto di natura transattiva.
Cordialmente,
Andrea Alessandro Nesti
– la “leccata” termina con un serafico autoelogio e una strizzatina d’occhio a Fragai, suo nume tutelare che lo definirà “l’ottimo comandante Nesti”. Bella ciccia, eh?
Ma lui è come Bruto in Shakespeare… è «un uomo d’onore».
PS – La prossima e ultima puntata sarà riservata solo alla Signora Milva Maria Cappellini, a cui devo rispondere sul cesso del Liceo Forteguerri quale “quotidiano più bello del mondo”.
Per il resto la dovremo piantare perché, con la coppia di alto affare (don Ferrante/Nesti e donna Prassede/Milva), sia io che Romiti dovremo rivederci in aula dinanzi al giudice penale, dal momento che Baltasar ci ha generosamente omaggiato di almeno un paio di querele per «lesa maestà» (che paura!).
Ma lui è come Bruto in Shakespeare… è «un uomo d’onore».
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
Diritto di critica
PARALIPOMENI ALLA GUERRA TRA RANE E TOPI

«Quando non sai che dire, fa’ querela. Di solito sono scuse e stronzate varie, ma potresti sempre trovare un giudice che non sa l’italiano o che dura troppa fatica a leggere, che ce l’ha con i giornalisti o che ascolta gli avvocati più delle carte (si fa prima).
È qui la festa? È questa l’Italia del Pd, dei 5 Stelle di Bonafede, della Costituzione (tradita) anche dal giudice costituzionale Mattarella, omaggiato con «standing ovation» alla Scala? Non era più appropriata la semplice «ovation» (lancio d’uova) che toccò a un altro campione della nostra repubblica, Luigi Scalfaro?

Salvini è un fascista e sputtana rosario e Madonna. Scalfaro era stato un repubblichino e, se non sbagliamo, aveva mandato a morte della gente, come giudice repubblichino.
La diversità di trattamento sta nella velocità di trasformismo: Scalfaro, da presidente, aveva la Madonna di Fatima, di cui era fedelissimo, sulla scrivania. Salvini, sempre col rosario in mano, fa la figura del «coglione insardinato». Ma solo perché la chiesa di Bergoglio ha imbullettato Cristo non in croce come una volta, ma sulla falce e martello che gli hanno regalato in America.
Un Bella ciaone a Vicofaro per tutti i compagni progressisti!
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One thought on “blimunda’s story 3. COME LA SANTA INQUISIZIONE RISPOSE PICCHE A BALTASAR & BLIMUNDA E COME LUI MEDESIMO SCRISSE AL GRAN CIAMBELLANO FRAGAI CERCANDO D’ACCOMODAR A DOVERE LE COSE SUE”
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