
TENTARE DI INIBIRE IL PENSIERO DELLA GENTE
È UN VOLER TENERE UN COCOMERO ALLA SCESA

MONTALE. Era esattamente il 25 settembre scorso quando pubblicammo, dopo il consiglio comunale del 16 sul Carbonizzo, l’intervento di Mario Paolacci indirizzato a Ferdinando Betti.
Il sindaco di Montale, nel concludere il suo discorso fumoso e criptico in San Salvatore, un discorso fatto di numeri e cifre e perciò depistante, si era rivolto all’opposizione montalese (Lega-Vannucci e Fdi-Fedi) dicendo che era la prima volta che gli capitava, in vita sua, di vedere un’interpellanza finalizzata a tutelare non il pubblico interesse, ma quello privato.
Fu uno schiaffo in pieno viso, che anche noi, presenti, cogliemmo come una vera e propria offesa diretta alle minoranze; un ceffone come quello di Anagni, dato, si dice, da Sciarra Colonna in pieno viso dell’allora papa Bonifacio VIII, episodio che molto probabilmente i democratici della scuola democratica post-sessantottarda non conoscono, perché in essa si è fatto tanto parlare di resistenza, ma a vuoto, affinché il popolo da «rieducare» (Monica Cirinnà) sapesse il meno possibile e ragionasse poco o punto.
L’intento provocatorio e offensivo di Betti, non nuovo – sembra – a certi atteggiamenti un po’ da bullo, ben favoriti e sorretti da una assiepata claque di fiancheggiatori di fede, tutti omìni e donnìne che si esprimono a ruota libera sui «troyal network», fu incassato da Alberto Fedi con una dignità encomiabile: non batté ciglio, non cedette alla provocazione. Si limitò a dire: studieremo la risposta del sindaco e ne riparleremo in séguito.
Infine, Signor Sindaco, mi permetto di commentare la Sua esternazione personale fatta al temine del lungo monologo, quella con la quale Lei ha definito “un’interpellanza che guarda unicamente all’interesse privato e non a quello collettivo”, quella presentata dal gruppo consiliare “Centro Destra per Montale”. Queste Sue parole (senza entrare in una polemica politica, che non ci riguarda) rappresentano, più di qualsiasi nota tecnica, lo spirito con cui l’amministrazione comunale ha guardato al piano di recupero del Carbonizzo di Fognano.
Siamo convinti che quelle parole sul muso – schioccanti, appunto, come lo schiaffo di Anagni – potrebbero essere fatali per Ferdinando Betti: ieri mattina, infatti, è stata messa al protocollo la richiesta di un consiglio comunale straordinario per tornare sul tema del Carbonizzo; una seduta che dovrà tenersi a breve, e durante la quale si dirà di tutto e di più sulla “carbonizzazione” e sui decolli e gli atterraggi delle aree edificabili di Fognano, lungo l’Agna delle Conche, il tutto «a lode e gloria del suo [di Betti – n.d.r.] nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa [il Pd – n.d.r.]».

Siamo convinti che tutto questo piacerà ben poco sia al primo cittadino di Montale, sia ai suoi fans (e fantesse). Ma soprattutto crediamo che farà ancor più stizzire gli uomini del «cerchio magico» pratese, sostenitori – a vario titolo – della politica [elisa]bettiana (dove «elisa» viene dal verbo «elidere», che significa «annullare, sopprimere, eliminare»: ovviamente terreni fabbricativi da qualche parte per poi farli magicamente ricomparire da un’altra poco più che adiacente).
Sarà un consiglio straordinario sotto ogni punto di vista? Ci saranno in giro coliche di fegato, coliti acute e orticarie varie? Può darsi. Perciò il consiglio per tutti è quello di passare, prima, dall’omonima farmacia Betti, del dottor Francesco Pecori Vettori – che, fra l’altro, è situata a poca distanza e di fronte alla via di accesso del Carbonizzo – per acquisti industriali di Enterogermina di varia qualità, a seconda delle patologie.
E a proposito di avvocati e notai, l’umore della gente, in questi giorni, a Montale, si è concentrato sul rogito Muscariello e sull’orto venduto a 30mila euro (una cifra – qualcuno ha fatto il conto – adeguata al costo di un vigneto di Brunello di Montalcino e non di un fazzoletto di terra da cavoli e cipolle).
Gli elettori senza la fidelity card del Betti, si interrogano (peraltro chiedendosi anche se siano tenuti o meno a chiedere l’autorizzazione a un qualche avvocato di un qualche personaggio del gustoso libretto dell’opera l’Elisir del Carbonizzo, con Betti nei panni del dottor Dulcamara); si interrogano, dicevamo, su cosa ci sia dietro la famosa «clausola» (da noi ironicamente indicata come «lettera scarlatta») di cui si parla nel ricorso al Tar presentato dalla Meridiana Immobiliare srl.
L’ipotesi, che va per la maggiore, sembra propendere verso il fatto che, in quel documento, custodito da un non meglio specificato notaio, ci possa essere scritto che – udite: e non lo diciamo noi – oltre i 30mila euro, interamente versati come si legge nel rogito Muscariello, qualcuno debba dare a qualcun altro altri suonanti «dindini cash»…

Anche stavolta sarà vietato pensare e raccontare cosa pensano i montalesi anti-bettiani? La Sicilia – scusate – non è nulla, rispetto alla compressione del “regime democratico” locale, ma la storia del Carbonizzo, della «lettera scarlatta», di certi prezzi esorbitanti sborsati apparentemente senza alcun motivo, sono – o di rriffa o di raffa – argomento di cui si discute in loco da un annetto a questa parte, piaccia o non piaccia a chi (a qualsiasi titolo, anche casuale – come sostiene l’avvocato Giovannelli patrono del dottor Muscariello) vi si trovi in mezzo [scarica il pdf].
E se volete una nostra opinione, sia pure non richiesta, Betti è solo agli albori del suo percorso storico. La sua strada potrebbe essere indirizzata verso altra roba che potrebbe guardare «unicamente all’interesse privato e non a quello collettivo».
In una variante aretina di un noto proverbio, il cieco disse «Andremo vedendo!».
Edoardo Bianchini
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