
PISTOIA. Pubblichiamo la risposta del Prof. Ivano Paci a Ponte Sospeso (vedi):
Caro Ponte Sospeso,
non occorrevano tante parole per presentarti, io e te ci conosciamo.
Tu mi hai sorretto ed io ti ho attraversato cinque volte, in tempi ormai lontani, sempre un po’ con le viscere in gola, specie quando tirava un po’ di vento o quando qualche citrullo (capitava, perché se ne trovano sempre troppi in giro) si metteva a farti dondolare e oscillare più del giusto.
Insomma, per me poco più che ragazzo, e per altri con me, hai rappresentato una piccola avventura di cui andare orgogliosi; una specie di rito di passaggio. Ma, per dirla con il Carducci, “or non è più quel tempo e quell’età” e anno dopo anno i casi della vita mi hanno portato ad essere il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio: e penso che, nella tua garbata lettera, tu scriva a me per rivolgerti in realtà alla Fondazione. E allora veniamo al punto.
In primo luogo, credo non ti possa lamentare della Fondazione e del suo presidente. Sappiamo la tua storia, le tue nobili origini (risparmiare un po’ di fatica a chi andava al lavoro, o ne tornava, quando il lavoro stancava davvero), il tuo essere tuttora una risorsa per la nostra montagna.
Ma una bella mano te l’abbiamo data, sicuramente anche tu lo ricordi, nel 2001 e nel 2002, con interventi per complessivi euro 140.000, che non sono proprio bruscolini.
Lo dico per ricordare i fatti, non per vantare meriti. Tu dirai che, da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e con l’acqua anche il tempo: e il tempo, che logora le persone, logora certamente anche i ponti, specie quelli sospesi.
Tu vuoi ancora una mano e mostri buone ragioni. Ma io non ti posso rispondere perché, a decidere è la Fondazione nei suoi organi. E per la Fondazione il tuo appello non è sufficiente, perché devono essere rispettate alcune regole; ma io posso indicarti come fare: non per farti dire sicuramente di sì, ma per far considerare il tuo problema con rispetto e attenzione.

Bisogna che chi deve pensare a te, prenda carta e penna e rivolga alla Fondazione una domanda che spieghi bene di cosa hai bisogno e perché sarebbe importante rimetterti in sesto, allegando un progetto ed un preventivo di spesa.
Non è un gran lavoro, basta un po’ di buona volontà e di serietà. E in ogni caso questa è la strada, l’unica percorribile.
Non ricordo di aver ricevuto nessuna perorazione, almeno fino ad oggi, da parte dei tuoi babbo e mamma protempore, come tu li chiami, neppure per interposta persona. Ma ti dirò che le perorazioni o le raccomandazioni non servono; servono di più una buona domanda, delle solide e ben motivate ragioni, un preventivo accurato ed onesto, una valida capacità realizzativa.
Meglio se i soldi occorrenti non verranno chiesti tutti alla Fondazione, e se la tua famiglia riuscirà a frugarsi tasca e tirarne fuori una parte, anche se mi rendo conto che non è facile.
Tralascio altre tue considerazioni che ritengo un po’ fuori luogo: sai bene che di voti non ne ho bisogno e non ne cerco; cerco solo di far bene e seriamente quello che devo fare, consapevole del rischio di non riuscirci appieno.
Non sono in grado di accettare l’invito che mi rivolgi tramite il tuo scrivano, ma sarò felice, potendo, di venire a far festa se riusciremo a ritirarti su, a patto che tu mi lasci restare su una delle tue sponde e non pretenda che mi avventuri nella traversata; a questa età, mi faresti l’effetto di un ponte tibetano e potresti montarti la testa (ed io sentir girare la mia).
Quanto alla tua antenata Santa Caterina, se decideremo di darti una mano, non so cosa le dirai. Ma potresti dirle che tu hai percorso la strada giusta, avendo le idee chiare.
Caro Ponte Sospeso, ti auguro lunga vita e tanti avventurosi attraversatori. Ti meriti l’una e gli altri. Ma attendiamo la domanda di chi deve prendersi cura di te, senza la quale non si comincia neppure a parlare.
Saluti cordiali.
[*] – Presidente Fondazione Caripit, ospite
[pratesi – fondazione caripit]
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