covid-19 pescia. «ILCITTADINO PESCIA» OVVERO COME NON SI DEVE FARE INFORMAZIONE FAKE

Roma non fu fatta in un giorno: e giornalisti non si nasce, ci si deve diventare

O PESCIATINO, VA’ SICURO E AD AGIO
RESPIRA, ALL’OSPEDAL NON V’È CONTAGIO!


Il giornalismo imparatelo qui, almeno!

 

PESCIA. Ieri, 16 marzo, a proposito di quanto avevamo scritto sui problemi dell’ospedale di Pescia (vedi qui e leggi qui), su Il Cittadino Pescia è uscito il testo che segue; una traccia che definire informazione è davvero un problema, perché di informazione non ha un pelo se ci si attiene alla famosa regola delle 5 W doppie (chi, cosa, quando, dove, perché) di 10 in amore.

Il film lo renderei obbligatorio per tutti i dilettanti che credono di voler fare il cronista solo tenendo in mano un taccuino (non confondiamoci con un tacchino) e una biro che, magari, sbava anche. Vediamo:

Si è agito con assoluta regolarità, secondo protocolli già sperimentati e, per di più, senza arrecare alcun danno o pericolo al personale medico, infermieristico o ad altri pazienti nel reparto”.

COSA. Si capisce cosa? Non si direbbe. Si parte con un virgolettato, per giunta in grassetto, parlando di assoluta regolarità: a cosa serve la netta affermazione? A sedare il paziente-lettore? Ma ci si limita a una sconcertante genericità (protocolli sperimentati: ma quali? Lo strappo della carta igienica? L’apertura di una bordolese Doc?), dando per scontate cose non verificate né verificabili (senza arrecare alcun danno o pericolo). Chi lo certifica assumendosene tutte le responsabilità? Quello che ha scritto il testo? E chi sarebbe costui, dato che non riusciamo a trovare una firma?

È questa, più o meno, la versione resa a il Cittadino da alcuni sanitari “tirati in ballo” da un articolo di una testata giornalistica di Pistoia che accusava, nell’ordine Maria Grazia Panigada, direttore dell’unità di medicina complessa, Sara Melani, direttore sanitario del S.S. Cosma e Damiano, e Paolo Marchese Morello, direttore generale Ausl Toscana centro.

CHI. Riuscite a trovare un nome, un cognome, un indirizzo, uno schizzo, una vignetta di Vauro «il trucido» di questi alcuni sanitari non meglio identificati (medici? infermieri? o forse ceramiche Ideal Standard dell’ospedale di Pescia? C’era anche il bidet o no?).

Se fossero noccioline e addormentasuocere il personale sanitario dovrebbe vestirsi così?

Non siamo nemmeno a una dichiarazione ufficiale: la chiacchiera di corridoio è bonariamente definita la versione resa; e non ci vuole un linguista della Crusca per sapere che la versione resa è, sin da sùbito, una dichiarazione soggettiva e di parte: dunque infettata non da coronavirus, ma da un alto tasso di “non attendibilità”.

Lo volete dire chi è che ha compiuto il – secondo voi – reato di raccontare e porsi delle domande? Che significa «una testata giornalistica di Pistoia» se manca il nome di Linea Libera?

Non abbiamo mai saputo che il tacere «nomi cognomi e indirizzi» fosse un modo di informare corretto, almeno fino a quando la sinistra non ha inventato la «cagata pazzesca» (Fantozzi) del politically correct per nascondere anche il sole a mezzogiorno.

In più: ma dove stava scritto che noi di Linea Libera accusavamo la Panigada, la Melani e il Morello Marchese (di Carabas) del Gatto con gli stivali? Leggétele le cose: se inganna la vista diretta, figuratevi l’orecchio di chi ascolta «per sentito dire»!

Secondo la teoria del giornalista, qualche giorno fa all’ospedale di via Battisti, un paziente risultato positivo al Covid-19 sarebbe stato trattenuto senza motivo nel reparto di Medicina ed avrebbe “infettato” o rischiato di infettare, personale medico e pazienti.

QUANDO, COSA, DOVE (crema di funghi). Intanto il lavoro del giornalista (che poi saremmo noi che qui scriviamo) è definito «teoria» e, come tale –  essendo, in quanto teoria, un’ipotesi –, è esente dalla possibile bollatura di fake come ha dichiarato il sindaco Giurlani.

In secondo luogo chi ha steso il testo è evidente che non ha letto i nostri scritti: non abbiamo mai parlato, infatti, di paziente «trattenuto senza motivo» nel reparto di Medicina. Abbiamo precisato che il/la sarebbe stato trasferito/a lì dopo un primo tampone negativo. Dopodiché, al secondo tampone, risultato positivo, la frittata sarebbe stata fatta e rivoltata al tempo stesso.

Minestrone alla montanina pistoiese o… vellutata alla Zorza?

Il quando, dunque, va bene; il dove può andare, ma il cosa, amici cari, è, in questo caso, il nucleo di una vera e propria fake che date per certa.

Bella crema di funghi, non  c’è che dire! Sembra una vellutata di sinistra, di quelle tanto care alla impareggiabile Csaba dalla Zorza!

Stando alle informazioni raccolte, le cose non sono andate proprio così. È bene intanto specificare che all’interno del nosocomio vi è un’area, che insiste nei pressi del reparto di Medicina ma in condizioni di assoluto isolamento rispetto agli altri pazienti, dove vengono trattenuti i pazienti sottoposti al test del tampone. Anche il personale medico e infermieristico vi lavora nel rispetto delle più rigorose misure anti-contagio. I pazienti, qualora il test dovesse risultare positivo, sono poi trasferiti al San Jacopo. Il S.S. Cosma e Damiano è ospedale cosiddetto “No-Covid-19”, ovvero, almeno per ora, non vengono ricoverati pazienti positivi. L’uomo, o donna, dunque è stato lì per qualche ora, precisamente tra il primo e il secondo test (il primo era risultato negativo, il secondo invece positivo). A quanto pare la sanificazione del reparto, effettuata nella mattinata di domenica, era prevista e, soprattutto, nessun allarme è stato rivendicato da dipendenti ospedalieri, ignari di quello che stava accadendo, e l’attività non si è mai interrotta.

PERCHÉ (napoletano: «ma pecché?»). Il fine di questo intervento un po’ «pìtoro» per dirla da ruga pesciatina; cioè il perché di questa specie di impasto amebico, è dichiarato in le cose non sono andate proprio così. In altre parole, la verità sostanziale, richiesta dal diritto di cronaca, sarebbe stata corrotta, contaminata e distorta e con questi quattro sternuti (non al Corona, per carità!) l’intenzione è quella di ripristinare l’oggettività per tutti i pesciatini.

Intanto è confermato che all’interno del nosocomio (ma parlate come mangiate a Pescia: ospedale!) c’è anche un reparto per potenziali infetti, per cui il SS Cosma e Damiano non è, come vorrebbe far credere il Giurlani, un no-Covid.

Poi si segue la traccia proposta da Linea Libera accorciando i tempi: permanenza solo per qualche ora. Ci fate vedere gli scontrini della sosta con i tempi? Perché ogni malato è sempre e comunque tracciato ora per ora, amici cari! E se non pubblicate gli scontrini, non avete diritto di parola!

Ma il bello dèccotelo: «A quanto pare la sanificazione del reparto, effettuata nella mattinata di domenica, era prevista e, soprattutto, nessun allarme è stato rivendicato da dipendenti ospedalieri, ignari di quello che stava accadendo, e l’attività non si è mai interrotta».

Così all’esterno per strada. Immaginatevi la sanificazione in reparto che cosa non è con tutti dentro

Obbràvi! Ci sembra di sentir parlare quel nostro collega che, salito con la ganza sull’Etr Trino-Milano, stupito di trovarci a due sedili da lui, ebbe il coraggio di dire che il destino aveva voluto che lei (la ganza che io, purtroppo, avevo conosciuto) era andata a Torino all’insaputa di lui e che (Allah è grande!, Maometto ne è certo, buon per lui) il suo biglietto era caduto proprio sul posto vicino a quello del collega! Donna del destino, dunque!

E se, invece di andare a Torino, quel giorno avesse giocato un Superenalotto, con il suo tanto culo sarebbe stato ultramilionario, santo cielo e buon per lui!

Sentite, ora, le pie donne del conformismo di sinistra: «la sanificazione del reparto, effettuata nella mattinata di domenica, era prevista» (consentiteci un «maremma maiala!» che ci sta a pippo di cocco).

Che botta di culo, gente di Pescia e reparto di medicina e Panigata e Melani e Marchese e Pio Nono e Lenin e Stalin e Arafat! Ma il tutto viene giustificato da un solenne, indiscutibile e rassicurante «A quanto pare»: più certificata di così c’è solo «la vita eterna, amen!».

Ci vuole la Madonna di Loreto perché quella di Salvini non basta

Quanto all’ultimo scarico di diarrea («e, soprattutto, nessun allarme è stato rivendicato da dipendenti ospedalieri, ignari di quello che stava accadendo, e l’attività non si è mai interrotta»), con quel soprattutto enfatico infravirgolato: ma che credete? Che, chi sa leggere davvero, non sappia cogliere dai nessi e dalle giunture, dai termini e dai «segni diacritici» (e chi adopera «nosocomio» deve sapere da sé cosa sono quei «cosi» lì), quale sia il retropensiero di chi scrive?

Se si ricostruisce il contenuto dei buchi in un «papiro» di tremila anni fa, figuriamoci se non si capisce cosa vuole dare a intendere un «piro» del 2020 che dovrebbe stare chiuso in una sede del Pd e non a scrivere su internet per confondere la mente dei suoi simili.

Cosa volete che dicano i dipendenti? Qualcosa che poi li fa licenziare in tronco perché l’Asl del Marchese si affida a una ditta di «spioni» che spippolano tutto il giorno peggio dei servizi segreti della Cia?

C’è un  grandioso proverbio che spiega tutto a tutti (grazie a Alessio Gargini). E dice:

Quando il culo è avvezzo al peto
non si può tenerlo cheto!

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
Diritto di cronaca, critica, satira, sarcasmo, sanificazione dei discorsi “vanveriformi & sghembi”

Il nosocomio a Pescia i problemoni
ce li ebbe fin dai tempi del Biscioni!

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