
PISTOIA. Maggio 2016 appare lontano, ma come Sant’Agostino ci insegna, tempo e spazio sono solo costruzioni effimere dell’uomo dinnanzi all’eternità.
Meglio di chi scrive dovrebbe saperlo un “cattolico adulto” come il Presidente della Fondazione Caripit, Ivano Paci, che “dovrà” necessariamente passare la mano a un suo successore alla guida della Fondazione per super-sopraggiunti limiti di età.
Non vorremmo essere nei suoi panni: ruffiani, adultere, prosseneti, divorziati, cani e porci sono tutti lì, nei paraggi di via de’ Rossi, pronti a dare l’assalto alla prima istituzione di Pistoia, e rinfacciare i piaceri fatti, magari per suo conto, in attesa del “saldo” et similia.
Perché la Fondazione, che piaccia o no, ha in mano le sorti politiche e non solo, dell’amministrazione comunale e provinciale; senza i soldi della Fondazione non si va da nessuna parte e per i pistoiesi, e non solo, questa è una acclarabile verità.
Dunque, il Prof. Paci – al quale riconosciamo la nostra “particolare” attenzione e la di lui signorile posizione e contrapposizione in replica alle nostre argomentazioni –, dovrà scegliersi il successore e se anche lo abbiamo “nomato” Papa-Papà, sappiamo benissimo che lo Spirito Santo ha ben altro a cui pensare che non la sua successione, tanto più che come stiamo assistendo in Pistoia, sacerdoti che rispettano le gerarchie e accettano senza tanti piagnistei – vedi don Carmignani – ce ne sono sempre di più e sempre più agguerriti.
Forse dimenticano che l’obbedienza è una delle prescrizioni alla quale si sono volontariamente sottoposti all’atto della loro consacrazione, ma su questo argomento, contiguo al Prof. Paci per storica provenienza, torneremo, perché il terreno di “coltura” è il medesimo; con la differenza, salvo smentite pubbliche, che Paci i suoi collaboratori, fidati e compiacenti, se li è – giustamente – scelti, mentre certi pseudo-sacerdoti stanno all’attuale Vescovo come chi scrive sta al Ruanda.

Ma torniamo a noi (minuscolo) e al Presidente Caripit (maiuscolo).
Non vorremo che, avendo vinto Renzi e i suoi sodali pistoiesi, fratelli Bianchi in testa, e avendo perso Letta, e quindi “ i paciani”, si operasse una vendicativa scelta politica e non di merito sulla sua successione, perché se ciò avvenisse l’operazione che si andrebbe a compiere sarebbe del tipo “muoia Sansone e tutti filistei” e, sinceramente, non ci sembra appropriata all’Uomo (non Benito, Ivano Paci).
Dunque, tornando all’incipit di questo nostro miserrimo argomentare, ci auguriamo che al vertice di questo ente, la Fondazione Caripit, arrivi un personaggio dalle qualità morali indiscutibili e dalla libertà politica conclamata, che cioè non sia né un pupazzo della politica né un “prodotto” vendicativo dell’attuale assetto politico provinciale.
L’Uomo non ci è mai stato personalmente simpatico; ha rappresentato e rappresenta un certo mondo clericale che non ci appartiene, e pur tuttavia dobbiamo riconoscergli il merito, in questo mondo di mezze calzette, di avere operato secondo i criteri che hanno caratterizzato i suoi primordi nella vita pubblica, quando era in Consiglio Comunale, se non sbagliamo, come capogruppo Dc e dopo, secondo un cursus honorum che appartiene al secolo scorso, in perfetta linearità con il verbo democristiano di matrice conciliare, cioè clerico-marxista. Meriterà ricordare ai più giovani, che magari ci leggono, che la prima “repubblica conciliare” in Italia, è nata a Pistoia con il famigerato accordo Dc-Psi-Pci.

Sembrerà una scelleratezza verbale, ma se non si arriverà a una successione “civilmente” condivisa, anche se la scelta è di carattere privatistico, come prevede la Fondazione, arriviamo a proporre all’Uomo-Paci un escamotage di tipo procedurale.
Fare mancare reiteratamente il numero legale per la convalida del suo successore: con ciò facendo, potrà mantenere l’incarico e “fiaccare” i suoi papabili successori (del resto anche Renzi non l’ha eletto nessuno…).
Insomma, non vorremmo cadere dalla padella nella brace perché siamo, sì, critici verso il Paci, ma non così stupidi da non comprendere che chi reggerà le future sorti della Fondazione , reggerà anche i vostri (non miei) destini.
Per parte nostra stiamo attentissimi ai ruffiani di Renzi che, sicuramente, come si dice in gergo militare, saranno già operativi.
Ei fu: Prof. Paci, facciamo insieme gli scongiuri! Comunque sia maggio si avvicina. E si ricordi che “semel democristiano, semper democristiano!” – come per i preti, del resto.
A questo siamo giunti, purtroppo. Ad maiora!
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Una semplice ma chiara domanda all’autore di questo articolo memorabile: visto che qui sono nominato dall’esimio giornalista, sempre pacato nelle sue affermazioni talvolta però animate da un malcelato livore, mi piacerebbe sapere chi sono gli pseudo-sacerdoti di cui fa menzione: e soprattutto perché li indica come tali. Tutto questo per aiutare l’episcopo Fausto in qualità io di suo necessario collaboratore.
PS Il Rwanda sta diventando poi un fiorente paese in forte crescita economica e culturale c
certo ancora con tante ingiustizie (il nostro stesso Paese non ne è però immune) dopo anni difficilissimi: quella situazione che né l’Italia né Pistoia stanno nemmeno lontanamente vivendo forse anche a causa di centri di potere ai quali in tanti si sono costantemente pronati in cerca dei più vari benefici. Forse un po’ di Rwanda le farebbe bene sig. Felice, avendole io promesso qualche tempo fa di comprarle il biglietto aereo qualora fosse seriamente interessato ad andarci
Con deferenza
Don Alessandro Carmignani
Caro fratello in Cristo;
se ho offeso chiedo perdono, se sono stato intemperante nelle espressioni chiedo venia, se non ho rispettato il fratello, chiedo scusa.
Caro Don Carmignani;
quando si è prostrato in Cattedrale ed ha ricevuto i Voti, non sta a me ricordarglielo, ha accettato anche quello dell’obbedienza , un voto che mi sembra lei non desidera rispettare.
Forse il Vescovo sbaglierà, ma quel suo dileggio : “Tutto questo per aiutare l’episcopo Fausto in qualità io di suo necessario collaboratore” non gli fa onore, dirò di più,lo colloca con il “popolicchio” che ragiona a pancia e non con il cervello e lo allontana anni luce da quel Don Milani ( che io non stimo per niente) che accettò le disposizioni di Santa Romana Chiesa anche non condivendole. E se ne andò a Barbiana.
Spett.le sig. Carmignani, lei vorrebbe che io cadessi nel trappolone di nomi e cognomi, ma si sbaglia di grosso. Le basti sapere che a lei e solo a lei è dovuta la scelta: fare il contestatore dell’ordine ecclesiale o mettersi un bel gessato ed andare al “night club”, fare il prete od il sociologo. Si faccia raccontare chi era Don Siro Butelli e si accorgerà che lei non può fare il pesce in barile ed usare il “don” quando gli fa comodo e l’attivista no-tav o no-Chiesa quando gli pare.
Sono tentato di accettare la sua offerta per andare in Rwuanda, ma non per restarci: “anda e Rwuanda!”, insomma, un bello scherzetto da preti!
Dia retta, obbedisca e basta. L’obbedienza, quando è scelta volontaria non è virtù, è dovere.
P.S. “Episcopo” ha un significato ben preciso. Ha studiato un poco di greco? Sembrerebbe di no………..
Niente di quanto sopra è appropriato e condivisibile, anche perché caro sig. Felice lei si sarà documentato sul fatto che a quanto l’episcopo Fausto e i suoi predecessori qualificati hanno deciso io sempre ho obbedito, secondo la promessa fatta durante la mia ordinazione presbiterale. Un consiglio se mi permette: si ripassi anche la figura di don Lorenzo Milani; un suo articolo su questo grande uomo e prete sarebbe importante per molti che ancora non lo conoscono a sufficienza.
In ultimo le voglio dire che con queste sue forbite e impegnate disquisizioni lei mi resta sempre più simpatico.
Tanti auguri per le sue battaglie fatte a suon di parole.
Don Alessandro Carmignani