GLI STUDENTI PISTOIESI E VERA JARACH VIGEVANI

Vera Jarach Vigevani
Vera Jarach Vigevani

PISTOIA. Giovedì 11 gennaio, in occasione delle iniziative sulla Giornata della Memoria 2016, Vera Jarach Vigevani ha incontrato gli studenti pistoiesi nella sala Maggiore del palazzo comunale. Di famiglia ebraica, nipote di un deportato ucciso nei campi di sterminio e madre di una dei trentamila desaparecidos argentini.

Vera ha raccontato con una bellissima lingua italiana – intessuta di dolci accenti spagnoli – in un incontro intenso di oltre due ore a un’assemblea attentissima e partecipe, le sue due storie, per le quali ama definirsi “militante della memoria”.

La sua prima storia comincia nel 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, in seguito alle quali la famiglia decise di abbandonare l’Italia e di andare in Argentina. A Milano rimase però il nonno materno, Ettore Camerino, che venne catturato e deportato ad Auschwitz, dove fu ucciso.ù

La seconda storia si svolge invece a Buenos Aires, dove Vera vive con il marito e la figlia Franca che, studentessa diciottenne impegnata socialmente, scompare nel 1976, vittima dei voli della morte, uno dei feroci sistemi praticati per sopprimere gli oppositori della giunta militare al potere in Argentina dal 1976 al 1984. Questi due lutti, entrambi causati dalla politica di uno stato dittatoriale e senza una tomba e un corpo su cui poter piangere, sono all’origine dell’impegno instancabile di Vera, dalla militanza con le madri di Plaza de Mayo alle frequenti visite in Italia per incontrare soprattutto i giovani, i suoi prediletti – anche nel ricordo dell’amatissima e solare figlia Franca – come suole ripetere.

Senza mai che nella sua voce si avvertissero accenti di odio e di vendetta, ha ribadito la sua volontà di ricercare giustizia per tutti coloro che un odio e una violenza inesprimibili vollero sopprimere. Ha ricordato, lei amante della cultura e della lingua italiana, come spesso i politici italiani, nonostante la richiesta di tanti discendenti da italiani, reagirono con il silenzio o con la complicità con la dittatura, fatta l’ eccezione dell’unico che levò la sua voce a condannare i suoi crimini: l’indimenticabile presidente Sandro Pertini.

Vera ha rifiutato fermamente parole spesso ambigue come perdono e tolleranza, riaffermando come solo la giustizia può ricomporre nella verità le storie delle vittime e dei carnefici. Ma la lotta delle madres ora divenute abuelas (cioè nonne) – un tempo definite le folli – ha ottenuto notevoli risultati anche nei confronti dei figli di madri soppresse, in seguito adottati perlopiù da militari: ben 119 nipoti hanno visto riconosciuta la loro identità.

Con il suo sorriso dolcissimo è riuscita a collegare in una dimensione universale la sorte dei cancellati dalla storia, intrecciando le tragiche vicende dei desaparecidos al genocidio degli Armeni e alla Shoah, fino alle stragi contemporanee delle popolazioni civili. Allo stesso tempo ricordando che lei stessa fu costretta a emigrare con la sua famiglia, ha espresso, con amore di madre e con calore di militante, grande solidarietà alle masse di rifugiati e di emigranti, che si spostano alla ricerca di salvezza e di speranza: purtroppo spesso scompaiono in mare o nelle marce massacranti!

Grazie, Vera. Una lezione bellissima per tutti!

[matteucci – comunicato]

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