Non voglio togliere – a chi ha voglia di sapere – il piacere di seguire la faccenda attraverso i documenti. Quindi potrete vedere il ricorso del Perrozzi al Tar, compilato dall’avvocata Diletta Lastraioli…
Contrariamente alla Procura di Pistoia il filologo prima studia il problema e poi lo rappresenta per scritto e con le prove
COME I PESCI DI CARACALLA
ANCHE LE PROVE VENGONO A GALLA

Solo la procura di Pistoia è convinta che io sia un povero pazzo stupido e, intestardìtasi a proteggere il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, Ctu del tribunale, forse anche ben noto allo stesso scatenatissimo sostituto Claudio Curreli (o a sua moglie, Nicoletta Maria Curci), ha convinto il giudice Luca Gaspari a condannarmi, insieme a Alessandro Romiti, per stalking giornalistico (ma che razza di reato è, se non esiste nel codice penale?) e una marea di altre stupidaggini senza prove: perché le indagini su ciò che ho scritto in questi ultimi tre anni, non sono mai state svolte.
E se lo sono state, i rapporti sono stati costruiti dai CC della polizia giudiziaria ascoltando sempre le «autorità costituite» e dando per scontato che ciò che affermavano le cosiddette parti offese fosse l’unica verità.
Il Perrozzi – spiace dirlo, ma la cosa sta così – oltre che contare su più di un occhio di riguardo (almeno fino ad ora) da parte del Comune di Quarrata, che gli ha perfino concesso il permesso (ovviamente blasfemo) della chiusura di tre strade vicinali e di due piazzole facenti parte delle aree del demanio comunale (lo capiranno in procura ciò che sto dicendo?), di pubblica utilità e quindi inchiudibili, si è sempre permesso, per anni, di fare e disfare a suo arbitrio assoluto.
Alla fine i fatti parlano da soli e il Comune di Quarrata, richiamato all’osservanza delle leggi dopo una sfibrante campagna giornalistica di quasi tre anni, ha finalmente deciso di iniziare a chiedere al ragionier non-dottore, difeso da schiere di avvocati/e, di iniziare ad abbattere gli abusi, e di ripristinare i luoghi di una collina che è soggetta a tutti i vincoli di tutti i tipi senza esclusione di sorta.
Ho durato una fatica cane a chiedere l’applicazione della legge e non a dar fastidio a questo calunnioso personaggio pieno di arroganza.
Ciononostante il comportamento della procura è stato, a dir poco, a mio parere, nauseabondo nello schierarsi senza mezzi termini dalla parte non di chi invocava la legalità, ma di chi, di tale legalità, se ne faceva scarpe e zoccoli.
E tutto questo non deve far meraviglia se a curare le indagini è stato un sostituto, Claudio Curreli, già ampiamente macchiato da un processo – quello contro padre Fedele Bisceglia – da cui risultò che il Curreli aveva occultato documenti a favore della sua vittima prediletta: il mite cappuccino perseguitato per un decennio e fatto condannare a più di nove anni di galera. Pena cancellata di netto dalla Cassazione. E i danni?
Non voglio togliere – a chi ha voglia di sapere – il piacere di seguire la faccenda attraverso i documenti.

Quindi da qui potrete vedere il ricorso del Perrozzi al Tar, compilato dall’avvocata Diletta Lastraioli, che peraltro mi aveva pure querelato forse perché, nel risponderle una prima volta, in maniera franca e toscana, la avevo resa ridicola – e non senza una qualche ragione, a mio parere – dinanzi alla pubblica opinione.
Costei, con la massima disinvoltura, mi anche rappresentato gratuitamente, dinanzi al Tar della Toscana, come un delinquente comune, approfittando delle conclusioni distorte del tribunale di Pistoia e mettendomi in falsa pessima luce.
In compenso, per chi sa leggere la lingua della giustizia e dell’amministrazione, la gentile Diletta si è presa un paio di sberle sul muso dai giudici del Tar.
Si capisce bene da questo passaggio: «per altro verso, il pericolo nel ritardo è dedotto con generico riferimento agli effetti irreversibili della demolizione, quando sono gli stessi ricorrenti a riconoscere la possibilità di dare agevolmente corso al ripristino, riportando le opere allo stato autorizzato».
O chi è mai così astuto da fornire alla corte, di propria spontanea volontà, un bello scivolone a tutto campo, capace di far vedere l’illogicità della richiesta che sta avanzando? Bisogna essere nati e cresciuti mangiando… pane e volpe!

I Perrozzi (padre e figlie), con la solita arroganza tipica loro e dei loro legali, hanno chiesto che il Tar sospendesse l’ordinanza di demolizione dei locali abusivi, accampando l’idea di un grave danno economico in caso che non venissero fermate le ruspe.
Ma l’estensore Grauso ha colto perfettamente la debolezza delle motivazioni dell’avvocata Lastraioli: che danno grave poteva esserci, se i Perrozzi stessi confessavano, nel ricorso, che è facile il ripristino delle opere allo «stato autorizzato» semplicemente svitando e riavvitando delle tavole?
Stavolta il Perrozzi, molto amato anche a Pistoia, non ha potuto fare la famosa battuta del marchese Onofrio del Grillo, «io so’ io e voi non siete un cazzo».
A questo punto, cari sostenitori, per partito preso, della cosiddetta parte offesa perròzzica, cominciate a fare un piccolo esame di coscienza.

Procura, tribunale, carabinieri di polizia giudiziaria: credo che vi siate andati a ficcare, tutti allo stesso modo, nel classico «culo di sacco».
Ora c’è un mese di ferie. Poi, a settembre, sarà bene che se il Perrozzi non ha fatto il suo dovere, come non di rado, il nuovo sindaco falsificatore di autentiche di firma, che sa a malapena leggere e scrivere, punti i suoi piedini per ottenere non un privilegio per me che scrivo – come crede, credo, in malafede anche il sostituto Giuseppe Grieco –, ma per il rispetto di leggi, norme, regolamenti, usi, consuetudini mai violati da tempo immemorabile, eppure sempre calpestati con disinvoltura dai nuovi migliori e maggiorenti di questa insopportabile democrazia del politicamente corretto, fonte prima di ignobile ingiustizia.
Avanti, Savoia! E sotto con le ruspe. Fatelo sapere anche all’avvocata Elena Giunti, pur se non conosce il latino. Dovrà pur prenderne atto…
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]

Notarella per il sostituto Giuseppe Grieco
Come vede non è questione di interesse personale come da lei ipotizzato più volte in aula durante il processone politico.
Dunque: perché proprio i magistrati, soggetti solo alla legge, di solito per primi tentano di ignorarla e non volerla vedere per ciò che è nel suo valore imperativo?
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