immigrazione. I NUMERI SMENTISCONO SINISTRA ITALIANA: RISCHIANO DI SALTARE I CONTI PUBBLICI

La solita soluzione allitaliana

PISTOIA. Se affermassimo con estrema serenità che oggi fa un gran freddo, con la conseguente necessità di indossare capi pesanti, certamente verremmo corretti se non, addirittura, messi di fronte al fatto che siamo dei palesi pazzi.

Ora, il coordinamento provinciale di Sinistra Italiana ha deciso che l’immigrazione clandestina di massa che stiamo subendo non è un problema e che campagne come “Ero straniero-L’umanità che fa bene” (che promuovono permessi di soggiorno illimitati e inclusione sociale: pura demagogia) siano una manna da cielo.

È il caso di smontare tutto questo su due piani diversi evitando sentimentalismi vari che ci indurrebbero a chiamare la neuro.

Dunque: un Paese ha dei confini ben precisi perché è necessario delimitare la sua giurisdizione, ovvero l’area geografica entro cui esso può dettar legge. È ovvio che tali confini possano essere varcati rispettando determinate regole a tal proposito, certi parametri e a certe condizioni: il suddetto Paese deve filtrare coloro che intendono spostarsi sul suo suolo con tempi più o meno duraturi.

Rendere caotico il metodo di selezione degli esseri umani che si affacciano da queste parti, o addirittura renderlo nullo, crea il terreno fertile per mafie di vario genere che, tra accoglienza e sfruttamento successivo, si ingrassano come porci.

Se ciò accadesse (esattamente come accade oggi in Italia), avremmo come unico risultato una invasione bell’e buona: la penetrazione in un territorio di popoli che cercano nuove sedi. Gli autoctoni, ovviamente, sarebbero messi in grave difficoltà, avendo le invasioni come protagonisti delle persone culturalmente e moralmente distanti da coloro che già formano il tessuto sociale del Paese in questione.

O ci sono dubbi sul fatto che nei Paesi da cui proviene la maggior quantità dei non graditi ospiti (vedi la Nigeria) si dia, per esempio, uno scarso valore alla vita umana? O, quantomeno, assai inferiore a quello conferitogli in Italia.

Possiamo davvero immaginare un Paese, il nostro Paese, privo di qualsiasi regola sull’immigrazione, accettando quindi chiunque provenga da qualsiasi luogo e in qualsiasi modo?

Ora un po’ di numeri.

L’immigrazione irregolare fa saltare i saldi dei conti pubblici. La relazione di Angelo Buscema, presidente del Comitato di controllo della Corte dei Conti, sulla finanza del 2016 segnala una spesa fuori bilancio di 2 miliardi e pagamenti di conti in sospeso relativi a precedenti esercizi. Gran parte di questa spesa fuori bilancio si riferisce a esborsi delle prefetture per gli immigrati irregolari e spese delle Asl che li riguardano.

Don Massimo Biancalani con alcuni degli immigrati accolti

Nella legge di finanza pubblica 2017 le spese per gli immigrati sono 4 miliardi. Tenendo conto di quelle fuori bilancio per esercizi pregressi, che emergeranno anche nel 2017, la spesa per immigrati irregolari lievita a circa 6 miliardi: il 50% in più. La cifra può aumentare perché gli arrivi superano le previsioni.

Il sistema Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), con cui si individuano i Comuni dove mandare gli irregolari non espulsi, è stato messo in crisi dal numero crescente di clandestini in arrivo, con la nascita di un surrogato, ovvero il Cas (centri di accoglienza straordinaria) creato da cooperative, alberghi e improvvisati filantropi. Ad ogni irregolare accolto nei Cas, lo Stato paga 35 famosi euro al giorno, dunque 1050 al mese, dunque 12600 l’anno, che per 200mila persone fa 2,5 miliardi l’anno.

A ciò si aggiunge il costo per il personale pubblico addetto a tali servizi e per le relative attrezzature. Trattasi di una selva oscura che l’Italia, nella situazione attuale, non può oggettivamente permettersi d’affrontare con questa nonchalance.

Ci sarebbe poi da affrontare un complicato (ma neanche tanto, a pensarci bene) discorso sulla quantità di islamici che approdano in Europa, creando il così detto fenomeno dell’islamizzazione.

Ma, conoscendo l’interlocutore, sarebbe come parlare con un muro.

[Lorenzo Zuppini]

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