
PISTOIA. Abbiamo già pubblicato uno stralcio della perizia depositata nell’inchiesta sull’inquinamento dell’inceneritore di Montale, poi archiviata dal Tribunale. Oggi, la stessa dottoressa Chellini ricorda il contenuto della relazione e ci conforta sulla fondatezza delle nostre perplessità per carenze di motivazione dello stesso documento che, è stato redatto – su incarico della Procura della Repubblica di Pistoia – in un procedimento penale, conclusosi in modo inconcludente, per la mancanza delle relazioni di causa direttamente riconducibili all’inceneritore.
L’epidemiologa risponde alle nostre osservazioni che la perizia è – suo malgrado – molto approssimata e incompleta nelle conclusioni, pertanto non utilizzabile – in senso scientifico – in relazione al caso di Montale. La Chellini ricorda che mancavano i dati gestionali dell’inceneritore e gli altri parametri sulla condizione di salute della cittadinanza di Agliana e Montale: il documento è dunque solo un compendio teorico generalizzato sullo “stato dell’arte” in materia di inquinamento da inceneritori.
L’esperta, riconferma comunque la correttezza del principio generale di “buona regola” – sottoscritto nel documento peritale del 2010 (pagina 42) – che però risulta da sempre disatteso dai responsabili sanitari per come prevede di emanare delle ordinanze sindacali sul divieto di consumo di coltivazioni vegetali e animali da cortile nei territori circostanti l’impianto di Montale.
Nella Piana le ordinanze sono state fatte, sì, ma in modo del tutto inutile e solo per tentare (surrettiziamente) di ridurre le “polveri fini” limitando l’uso delle caldaie domestiche. Non è mai stata varata – nei Comuni delle due province a cavallo dell’impianto del Cis, Prato e Pistoia – nessuna ordinanza per limitare l’inquinamento della catena alimentare e i conseguenti processi di biomagnificazione.
La notizia del rinvenimento di una discarica di ceneri sotto l’impianto di via Tobagi ha davvero sorpreso l’epidemiologa che ci ha chiesto, curiosa, se l’Arpat avesse già provveduto alle verifiche del caso. Quali verifiche non è dato sapere, ma i cittadini, sono avvezzi a queste inerzie.
Intanto nessuno sa bene “chidevefarecosa” e il Comitato anticeneritorista annuncia di avere già provveduto agli accessi in atti nei Comuni proprietari del Cis. Una domanda resta aperta: ma se la perizia è incompleta e parziale – per la indisponibilità di dati epidemiologici – mancando di motivazioni, l’archiviazione del procedimento penale che è stata decisa, è del tutto corretta?
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6 thoughts on “INCENERITORE DI MONTALE, UNA STORIA INFINITA E (SEMBRA) SENZA SOLUZIONE”