
PISTOIA. Mobilitare gli interessi, più che le coscienze, è la strategia migliore per favorire quei processi tanto virtuosi per la collettività quanto vantaggiosi per i singoli. Un principio ovvio, valido in generale e a maggior ragione per la diffusione della mobilità ciclabile, ancora confinata, nonostante i tanti buoni propositi, in una nicchia di resistenti affezionati. Del resto tutte le abitudini sono difficili da cambiare, anche quando il cambiamento si rivelasse utile.
A Milano, agli inizi del 2000, sul modello di quanto avvenuto a San Francisco anni prima, un gruppo di ciclisti invase le strade normalmente usate dalle automobili, con lo slogan “Noi non blocchiamo il traffico. Noi siamo il traffico”, accendendo così l’attenzione sul deteriorarsi della qualità della vita dovuto all’ inquinamento dell’aria e acustico causato dalle auto.
Da allora nacquero e iniziarono a diffondersi, un po’ in tutta Italia e sotto diversi presupposti, le Ciclofficine, spesso laboratori aperti all’autoriparazione e a pratiche di condivisione ed apprendimento. Presidi sociali, insomma, animati da una concezione economica e funzionale della mobilità, in cui le due ruote sono tutt’altro che il mezzo povero rappresentato nell’immaginario collettivo.
Abbiamo fatto un sopralluogo presso la Ciclofficina di Casa in Piazzetta (vedi qui il sito ufficiale con orario di apertura), il centro pistoiese di diffusione della cultura delle due ruote. Si trova in piazzetta Santo Stefano, in un dedalo di vicoli e strade a fianco del parcheggio della Misericordia, dietro Via del Can Bianco, di fronte all’antichissimo e tuttora attivo complesso monastico di clausura delle Clarisse.

Si tratta di un’iniziativa voluta e sostenuta dall’Associazione Arcobaleno, centro socio educativo che si occupa di disagio sociale attraverso tre realtà: Casa di Shalom, Casa della Visitazione e, per l’appunto, Casa in Piazzetta. La Ciclofficina è sostenuta appunto anche dagli Istituti Raggruppati, che sono tornati a destinare interamente le risorse economiche ai servizi alla persona dallo scorso anno, con l’eliminazione del rimborso spese agli amministratori – rimborso che Niccolò Puccini e Tommaso Conversini (vedi) avrebbero sicuramente aborrito – voluto dall’attuale giunta comunale; ma su questo aspetto torneremo più avanti.

Parliamo con Giulio Vannucci, che insieme a Piero Ferretti svolge il ruolo di formatore nonché biciclettaio e responsabile acquisto dei pezzi di ricambio. «Cerchiamo di sensibilizzare alla cultura del lucchetto, perché le chiusure sono un investimento fondamentale per minimizzare i furti di bici, che non conoscono crisi». Ci mostra un tandem, davanti all’entrata della bottega: «È stato il nostro primo acquisto; in futuro avremmo intenzione di produrre pezzi autonomamente, saldando cioè in proprio» ci racconta, mostrandoci l’unico stanzone di lavoro, dove, in mezzo a telai e ruote appese, due giovani, Bruno e Federico, si cimentano con brugole, catene e movimenti centrali.
«Il comune ci sostiene e anche la Fondazione Cassa di Risparmio, finanziando due borse d’apprendistato di sei mesi, ha dimostrato sensibilità» prosegue Giulio, classe 1986, operatore da anni e col sogno di fare il maestro, dopo una laurea in italianistica ed una seconda in arrivo in scienze della formazione. «Recuperiamo l’usato e diamo nuova vita a parti di biciclette che altrimenti diventerebbero rifiuto, riciclandole. Forniamo assistenza per chi vuole riparare la propria bici e spesso ne abbiamo anche da vendere, dopo aver pazientemente riassemblato telai e componenti ancora buoni. Per motivi strutturali quest’attività non potrebbe stare in piedi da sola, ma qualche entrata la ricaviamo comunque».

«In occasione della settimana europea della mobilità sostenibile organizziamo giornate di dibattito con proposte e stimoli: ultimamente abbiamo invitato come relatore Matteo Dondè, esperto e progettista di mobilità ciclistica e zone 30. Certo, non abbiamo visto partecipazioni d massa».
Vista la presenza della Ciclofficina, e soprattutto apprezzata, a giudicare dal numero di clienti sopraggiunti nell’arco di una mezz’ora, rimane l’auspicio che l’amministrazione comunale vada avanti con coraggio nella direzione di una città a misura di pedone e di bicicletta, anche con misure drastiche ma efficaci come il road pricing. Senza curarsi dei brontolii e mal di pancia fisiologici che, quasi come riflesso incondizionato, cercano sempre, in un primo momento, di bloccare ciò che a posteriori risulta conveniente.
Vedi anche:
- www.bikeitalia.it
- www.ciclospazio.it
- Ciclofficine, dove la bicicletta è condivisione sociale
- www.valdarnoinbici.blogspot.it
- Azioni e idee per una mobilità sostenibile
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