
PISTOIA. Proponiamo qui (pdf 1 e 2) una nuova puntata del percorso alla riscoperta delle antiche gore cittadine e dei loro segni attualmente visibili e sedimentati nel moderno tessuto urbano che, silenziosamente, le ha fagocitate.
Ci soffermiamo sull’andamento della Gora di Gora, che prelevava le acque dal torrente Ombrone presso il ponte di Gello. La struttura di presa della gora, qui nell’immagine, è ancora visibile e ci si accede da via Montanina, deviando dalla Modenese poco prima della deviazione per Gello. Nel dettaglio qui riprodotto, appartenente alle mappe disegnate dal Cavaliere Martelli come corredo alla relazione dell’ingegnere idraulico F. Guasti del 1835, si nota il vecchio ponte di Gello, chiamato ponte Asinajo e distrutto durante i bombardamenti dell’ultima guerra.
Prima che gli Asburgo-Lorena realizzassero come “sicuro” collegamento col ducato alleato di Modena la via Modenese, progettata da Leonardo Ximenes per il versante toscano e per questo Ximeniana, il vecchio ponte conduceva ai primitivi itinerari di risalita e di valico attraverso la valle del Vincio di Brandeglio.
Quest’ultimo torrente si getta nell’Ombrone circa 100 metri prima della presa della gora. In quest’ultimo punto, in cui si possono ancora osservare i manufatti delle opere di captazione, con tanto di paratie, argano e catene, nasceva fino a qualche lustro fa la Gora di Gora.
Di qui giungeva al leggendario Spartitojo o Partitore di Capostrada, dopo aver rifornito anticamente una filiera ed una ferriera, e più recentemente la filatura Biagioli Calamai, un’attività poi trasferita a Vernio come tessitura.
Lo spartitoio, che viene riprodotto nella foto, consiste semplicemente in un edificio in pietra che regolava la portata delle acque dei due rami che uscivano dal manufatto: la Gora di Gora vera e propria e la Goricina di Capostrada, che percorreva tutto l’attuale lato sinistra di via Dalmazia fino a congiungersi, presso la Chiesa Nuova, con la Gora di Scornio e di lì proseguiva all’interno della mura.
Luciano Bellandi è una delle tante memorie storiche che si possono incontrare nei pressi del circolo Niccolò Puccini di Capostrada e anche il proprietario della foto inserita nell’allegato che ritrae il muricciolo di via della Ferriera soprastante la gora in uscita dalla struttura di modulazione.
Le immagini mostrano come oggi il letto dell’antico canale demaniale sia invaso da erbacce e depositi di terra, oltre a presentare, in qualche sporadico punto, qualche scarico civile alquanto sospetto. Fino a pochi anni fa, ricorda qualcuno, il Consorzio Ombrone ripuliva a regola d’arte, anche perché l’acqua correva…

Oltrepassato lo spazio racchiuso dall’attuale anello della superstrada, che raccorda la tangenziale che parte dalla Bolognese, sopra il Legno Rosso, con quella che viene dalla Modenese, si può seguire l’antico tragitto della Gora di Gora e notare, in via dei Barbi, il lavatoio di Capostrada, buen retiro per gatti e giovani innamorati in effusione, che porta la data 1954 in facciata. Si trova proprio di fronte alle scuole e gli anziani del posto narrerebbero per ore aneddoti e spaccati della storia sociale del luogo.
Proseguendo oltre le nuove case è così possibile riscoprire l’immagine idilliaca di una campagna che per secoli è rimasta immutata, operosa, ricca di mulini e produttiva nella filiera alimentare-zootecnica – oggi gli economisti direbbero più laconicamente food – integrata e senza monocolture intensive, perfezionata lentamente dai genetisti agrari toscani e quindi rigorosamente biologica.
Tra vivai e campi si segue infatti via Molina di Gora, che si sviluppa in una zona dall’aspetto signorile e ancora oggi appartata nel verde, nonostante la vicinanza del viale Adua e della superstrada (il cui ronzio disturba soltanto nel primo tratto): molti degli edifici rustici, restaurati e oggi residenze di pregio, erano gli antichi molini da grano che generazioni e generazioni di mugnai mantennero in vita fino alla metà del 900. Lo si può desumere anche dai lineamenti architettonici e delle strutture murarie, molte delle quali in pillole di fiume. Immancabili anche i segni della devozione religiosa, esternati in tabernacoli, piccole nicchie o direttamente in una minuta cappella.

Anche quel tipo di società, cioè della spiritualità vissuta e fisicizzata nella dimensione quotidiana, rappresenta una reminiscenza ormai soltanto sedimentata nelle numerose forme del linguaggio edilizio. All’occhio attento che intende Leggere la Città non sfugge certo che a Pistoia non c’è una via che non abbia almeno un paio di madonnine incastonate sopra a un portone o sotto una finestra.
Il tabernacolo in Croce di Gora, di fronte a cui passava il vecchio canale demaniale dopo aver attraversato l’area su cui sarebbe passata la camionabile (l’odierno viale Adua – n.d.r.) conferma quanto detto: un manufatto elegante e armonioso, che giace però, fatiscente e precario, come un invisibile, rimosso dall’indifferenza generalizzata.
Ci troviamo così in via Gora e Barbatole e, al netto della toponomastica, solo un asilo nido, Il Frantoio, ricorda ai nostalgici il tempo passato: è conservato, caso raro in città, il canale d’adduzione che dal bottaccio, o bacino di carico, dirottava l’acqua accumulata sulle pale della ruota idraulica (ritrecine) collegata alla macina di molitura. Rimane straordinariamente inalterato anche un grazioso ponticino messo a collegamento delle due sponde della gora, appena prima della confluenza nel bottaccio.
Abbiamo già detto dell’andamento della gora all’interno della città murata e della sua “riunione” con la Gora di Scornio e con quella di Candeglia, assieme alle quali, superate nuovamente le mura, si gettava in Brana.
Scarica i pdf: Pdf 1 – G.di.Gora – Pdf 2 G.di.Gora
Vedi anche:
- http://linealibera.info/le-gore-di-pistoia-parte-quarta/
- http://linealibera.info/le-gore-di-pistoia-parte-terza/
- http://linealibera.info/le-gore-di-pistoia-parte-sconda/
- http://linealibera.info/le-gore-di-pistoia-parte-prima/
- http://linealibera.info/signor-demanio-facciamo-chiarezza-una-volta-per-tutte-sulle-gore-di-pistoia/
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