mal costume mezzo gaudio. PISTOIESI “TUTELATI” DA MAGISTRATI CHE NON VEDONO LO SCONCIO DEI CLANDESTINI DI VICOFARO, GLI INFORTUNI DA DENUNCIA ALL’ASL, IL CLORURO DI VINILE NEI POZZI, E CHE INVIANO GENTE AI DOMICILIARI DA DON BIANCALANI, IN UN SUQ CON SOLI 4 CESSI (MA 2 CHIUSI A CHIAVE E INUTILIZZABILI) PER ALMENO 130 RIFUGIATI

Ma in compenso sanno arrestare giornalisti; accusarli di esercizio abusivo di professione con il beneplacito di un ordine che fa pena ed è una succursale del Pd toscano; sequestrare, con trucchi, testate in regola sotto ogni punto di vista. E con un procuratore capo discutibile, accusato di aver favorito la dottoressa Lucia Turco di Concorsopoli perché sorella di un suo ex-superiore, il Pm aggiunto di Firenze Luca Turco



IL MAGISTRATO DEVE OSSERVARE LA LEGGE

E NON GLORIARSI DI FARE FINTA DI FARLO


 

Il procuratore capo di Pistoia, Tommaso Coletta

 

Cari alpini di Quarrata, non sono io che devo vergognarmi. A vergognarsi devono essere tutti quelli che, in procura, hanno sempre nascosto le verità e favorito gli amici piuttosto che applicare con diligenza e onore le regole del loro mandato: rinviare a giudizio i profittatori e gli ammanigliati della politica e del vendimonio delle amicizie.

Se una procura di Pistoia – e parlo di questi signori: Giuseppe Grieco, Claudio Curreli, Luigi Boccia, Linda Gambassi, Luisa Serranti, Leonardo De Gaudio, Chiara Contesini – avanza con questi schemi, guidata da un capo che è passato agli onori della cronaca per avere favorito (si dice) la sorella di un suo ex-superiore fiorentino: dovrei forse essere io a vergognarmi se, dopo aver chiesto il loro aiuto contro sindaci dementi e colpevoli e contro falsari di documenti pubblici, sono stato perseguitato, bastonato, preso a sassate e solo perché smettessi di urlare con il megafono di una testata on line, rivelando certe sconcerie che si consumano in questa poco nobile procura marginale di una città farcita di interessi lordi e obliqui di tipo fortemente sospetto?

Ha avuto ragione la mia avvocata, Pamela Bonaiuti, quando, a tre pubblici ministeri in aula, dinanzi al tribunale del riesame per l’annullamento del sequestro immondo di Linea Libera, il 18 maggio scorso ha fatto presente che c’è un solo modo per ridurmi al silenzio: una fucilata.

È stata una frase irriguardosa? Nient’affatto. È stata l’affermazione che premia, come una medaglia al valore civile, il mestiere di giornalista che sto portando avanti, senza mai interruzione, dal novembre 1967. E che sto onorando con tutti i crismi di questa difficile professione, oggi banalizzata da tanti divulgatori di false verità e falsità vere, come una bella fetta di cronisti locali. Dai quali non vanno esclusi neppure tutti quei pesta-tastiere mafiosi che, dinanzi alla conclamata pirateria della procura, hanno preferito l’omertà della camorra locale, ben abbarbicata in una città che trema di se stessa, della propria miseria morale e del proprio inefficiente squallore.

Mettétevelo in testa, tutti quanti, voi che ogni giorno pregate che un colpo vagante mi prenda. Non solo non mi vergogno di ciò che fo ed ho finora fatto; non solo non temo questa impalpabile mafia che domina Pistoia; questi interessi mammònici che corrompono tutto e tutti; queste reticenze; queste preghiere catto-pietose, che si innalzano dal duomo ma che sarebbero da mandare a fare in duomo; questi rosari alla Madonna di Valdibrana che prendono forma e sostanza in sbandierate arcobaleno di scout malguidati da chi predica bene e opera pessimamente al di fuori della legge se non addirittura contro la legge stessa.

È questo il libero giornalismo dell’ordine di Carlo Bartoli e Giampaolo Marchini o in Italia siamo solo a livello della Turchia?

Non mi vergogno perché chi deve vergognarsi sono in primo luogo coloro che dovrebbero essere servi della legge e, invece, servono il potere e i propri bassi interessi economici.

Non mi vergogno perché non ho avuto bisogno di visitare l’America per avere una figlia orsa e scontrosa come me, se non di più.

Non mi vergogno per aver preso residenze fasulle solo per sistemare mia figlia in una scuola dell’infanzia al posto di un’altra bambina meno nobile; o per pagare meno tasse sulla prima casa.

Non mi vergogno perché mi sono dovuto inventare reati inesistenti come lo stalking giornalistico al fine bastonare un innocente e favorire immondi colpevoli di favoritismi a danno di tutti gli altri.

Non mi vergogno perché non ho mai okkupato un posto pubblico che non fosse mio o che non avessi vinto per concorso (e ne ho vinti parecchi, non come il protettissimo Andrea Alessandro Nesti, sia lui che la moglie amatissimi dalla procura).

Non mi vergogno di non capire la differenza tra un fornitore e un contribuente come la sostituta Serranti, che pure viene (e ancora è da capire come le sia stato possibile) dall’Agenzia delle Entrate.

Non mi vergogno per aver chiesto che mi fosse data una lettera che nessuno, neppure la giustizia della sostituta Gambassi, mi ha voluto dare, negandomela con motivazioni di una logica da Cappellaio pazzo di Alice nel paese delle meraviglie.

Non mi vergogno, infine, di essere meno intelligente dell’orgogliosa sostituta Chiara Contesini, che copia e incolla come al liceo: senza neppure leggere quello che adopera per i suoi improbabili-improponibili patchwork.

Le mie tessere dell’Ordine dei Giornalisti: ma non sono queste che mi fanno professionista dell’informazione, quanto il mio spirito che non ha «lingua da lecco»…

Mi vergogno, invece, di vivere in uno stato di Mattarella, che a mio avviso (e non solo mio) non è presidente legittimo perché così è in quanto eletto da un illegittimo parlamento; in un paese in cui non esiste lo stato di diritto; in un paese in cui i magistrati assolvono i magistrati che sbagliano e anche se sbagliano con dolo; in un paese in cui al popolo sovrano si chiede, con in mano il randello della legge, di credere, obbedire e combattere, di abbassare la testa e di lasciare, senza discutere, tutte le più ampie libertà di manovra al manovratore.

Mi spiace, alpini di Quarrata! Se vi sentite così bendisposti, accomodatevi. Andate ogni giorno a lavorare alla Breda e calatevi pure le brache dinanzi ai vostri padroni, tutti ugualmente rossi-rosati o simile.

Io no. Io voglio onorare l’articolo 21 del Benigni!

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]



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