
PISTOIA. L’attuale governo ha dichiarato guerra all’ambiente e alla riconversione ecologica dell’economia, quella che dovrebbe consentire una prospettiva di ripartenza all’Italia.
Ha dichiarato guerra anche al principio europeo del “chi inquina paga”, col Decreto Legge 91, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che rende incredibilmente meno restrittivi sia i limiti per gli scarichi inquinanti (in mare e in atmosfera) di acciaierie e cementifici, sia i valori per le bonifiche delle servitù militari (qui).
Nonostante i ripetuti slogan e l’euforia collettiva per un cambiamento annunciato, cannoneggiata anche da non pochi emuli locali del venditore di pentole (l’imbonitore/premier Renzi, “il Bomba”), nessun “cambio di verso” si profila all’orizzonte – per esempio – sullo scandalo dei finanziamenti diretti e indiretti alle fonti fossili, 12 miliardi annui (vedi e scarica il dossier), su cui dovrebbe essere prioritario agire, se non altro per recuperare risorse e togliere la droga a un sistema economico dopato che impedisce il diffondersi delle innovazioni smart–mobility, grid, city, manufacturing… – e del conseguente progresso generale.
Per aumentare la consapevolezza tra le varie categorie ed i vari attori della società circa l’utilità di scelte ecologiste, nonché per ampliare ulteriormente le riflessioni e le analisi sul ritardo con cui le proposte del mondo ambientalista stentano a diventare maggioritarie nel mondo della politica, nazionale e locale, abbiamo parlato con il consigliere comunale Alessandro Tomasi (Pdl), che scrive:
Negli anni passati, prima che la crisi economica si mostrasse con tutta la sua forza, il tema della salvaguardia dell’ambiente era diventato centrale nel dibattito pubblico e politico. Nei loro programmi elettorali i partiti di tutto l’arco costituzionale iniziarono a parlare di inquinamento, dell’eccessivo consumo del suolo, delle opportunità della green economy ecc.
Anche nello schieramento di centro destra, storicamente meno sensibile, questi temi incominciarono a fare breccia.
Il merito di ciò va sicuramente ai tanti movimenti ambientalisti e alle loro battaglie nazionali, ma soprattutto ai tanti comitati (tra i quali non bisogna nascondere che si sono state delle degenerazioni) nati a livello locale per impedire scempi ambientali, e decisi a difendere concretamente il diritto alla salute dei cittadini.

I comitati con tempi e metodologie più snelle hanno avuto in molti casi successo contribuendo a diffondere tra i cittadini l’idea che ci si debba impegnare in prima persona e che, concentrandosi su battaglie legate al territorio, si possa riuscire a far recedere chi ci governa da decisioni dannose per la comunità. Successi che hanno fatto venir meno quel senso di impotenza, tanto diffuso, nei confronti della politica.
I partiti si sono allora resi conto che i temi dell’ambiente e della salute interessano molto le persone e che altri soggetti organizzati arrivavano prima di loro a cavalcare i problemi e con risultati talvolta migliori. Da qui l’apertura e le riflessioni interne.
Alcuni segni, di queste battaglie culturali e politiche, ancora oggi si vedono e certe posizioni sono ormai patrimonio comune.
Perché dunque in un periodo in cui i temi dell’ambiente erano centrali, partiti come i Verdi non sono riusciti a sfondare elettoralmente come è avvenuto in altri paesi dell’Europa? Personalmente credo che abbiano fatto l’errore di appiattirsi troppo su partiti di sinistra (sarebbe stato lo stesso se lo avessero fatto con quelli di centro destra) entrando in discussioni che nulla avevano a che fare con la loro missione e che di fatto gli ha fatto perdere molte simpatie che si erano guadagnati con un duro lavoro su certe tematiche.
Non hanno colto il dato che molte battaglie avevano, un consenso trasversale tra la gente e se si concentravano su quello, la loro coerenza sarebbe stata prima o poi premiata.
Come ho riconosciuto il ritardo con cui gran parte del centro destra si è avvicinato a questi temi, devo dire però che ad una parte di esso sono stati sempre cari. La mia storia politica nasce da Alleanza Nazionale e appartengo a quel filone culturale politico che viene definito Destra Sociale, la quale al suo interno fin dagli anni 80 ha riflettuto sulla tutela dell’ambiente. Proprio in seno a questa corrente di pensiero è nata l’associazione Fare Verde che svolge ancora oggi una grande attività.
Come la mia esperienza, credo che nel centrodestra ci siano altre anime sensibili al tema della difesa dell’ambiente che andavano forse cercate di più senza scartarle a priori con futili motivazioni ideologiche.
A livello cittadino devo riconoscere però che questo non è sempre avvenuto. Come Consigliere Comunale mi sono trovato ad avere posizioni simili, magari con qualche sfumatura, a quelli dei movimenti ambientalisti e dei comitati.

Ne ricordo alcune: la battaglia contro la Repower, il no al parcheggio di San Bartolomeo, la lotta contro la collocazione del Centro Operativo di Publiambiente a Sei Arcole, la battaglia per la Porrettana, la collocazione del nuovo ospedale (il gommone San Jacopo, al campo di volo – n.d.r.) ecc.
Posizioni di cui ancora oggi sono convinto e sulle quali mi fa sorridere chi ci accusa di averle sostenute solo per fini elettorali.
Chi ci ha visto condurre le battaglie su questi temi sa la passione che ci abbiamo messo e il fatto che anche se spesso ci trovavamo a collaborare con persone di sinistra, non ci siamo mai tirati indietro facendo prevalere quello che ritenevamo fosse il bene per la nostra comunità.
Alessandro Tomasi
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