
PISTOIA. Torna l’angolo sull’ambientalismo, una rubrica pensata per dar voce alle istanze di un mondo che, in sordina e con consensi non certo maggioritari, propone riforme vere e una cultura di governo, globale e locale, in grado di produrre il progresso inteso come benefici economici, sociali e ambientali per le comunità del globo.
Spesso, tuttavia, non solo le proposte ecologiste vengono censurate, ma anche le denunce e le semplici notizie attinenti alla materia. Esempio eclatante è il licenziamento del giornalista Luigi Abbate (ma non c’era l’articolo 18?) dall’emittente pugliese Blustar Tv, per aver rivolto domande scomode sul disastro sanitario (e le centinaia di morti) causati dall’Ilva di Taranto.
Si tratta del protagonista di quel famoso episodio in cui il signor Archinà, un capataz dell’acciaieria ex Italsider, sottrasse il microfono allo stesso giornalista che lo intervistava: il presidente della Regione Puglia Vendola, al telefono con lo stesso Archinà, rise e rise della scena (ascolta).
Tra l’altro il licenziamento di un giornalista per domande scomode ai potenti, oppure in pubblico, risulta una riproposizione del metodo-Bardelli inaugurato a Pistoia nel 2002: il nostro Luigi Scardigli intervista, per Tvl-Bardelli, Giuliana De Sio, vincitrice del premio Vallecorsi organizzato da AnsaldoBreda, e osa chiedere all’attrice se fosse a conoscenza dell’alto numero di lavoratori dell’azienda morti per amianto.

Il giorno dopo Luigi Egidio Bardelli, direttore-proprietario di Tvl/Tv Pistoia Libera (da cosa?) e presidente delle Tv Corallo, giornalista cattolico, fa fuori a secco Scardigli e lo spedisce a casa nell’indifferenza di tutti i colleghi giornalisti di Pistoia: solo Cristiano Marcacci segnala (vedi) il grave attacco alla libertà d’informazione da parte di una Tv che si definisce Libera, ma che libera, evidentemente, non è proprio.
Oggi parliamo con Alessio Biagiotti, che si occupa dell’ambiente per il Movimento 5 Stelle ed è risultato il più votato alle primarie organizzate online dal Movimento per le elezioni del Consiglio Regionale di maggio 2015.
La mia risposta è laconica: perché i soldi si fanno da un’altra parte. Tutto l’insieme delle iniziative politiche, indirizzate alla tutela e al miglioramento dell’ambiente, storicamente hanno avuto la pecca di non far vedere concretamente le potenzialità economiche derivanti dall’attuazione delle stesse.
Inoltre tutta la serie di normative di tutela ambientale hanno aggravato i costi di gestione delle aziende che, all’interno di un’economia globale dove molte nazioni non impongono le stesse leggi né per quello che concerne la tutela ambientale né per i diritti dei lavoratori, hanno reso di fatto quelle stesse economie, più legate al verde, non concorrenziali. Si guardi al modello cinese dove ambiente e lavoratori non hanno né diritti né tutele.
I movimenti ambientalisti sono stati in questi anni legati politicamente alla sinistra cosiddetta radicale, che però alla prova dei fatti ha avallato tutto il contrario di ciò che veniva promesso nelle varie campagne elettorali a parte qualche eccezione, dimostrando che la lotta ecologista, se vogliamo vincerla, non deve portar bandiere politiche, ma esser campo di discussione e di azione trasversale.
La costante crescita della presenza di comitati e associazioni sia a livello locale che nazionale, sta rendendo possibile quel cambiamento di usi e costumi che è assolutamente necessario per creare quel modello di società sostenibile a cui miriamo. Dobbiamo renderci conto che i passi che condurranno il mondo a quei modelli è fortemente legato alla caduta del “turbo-capitalismo”, al fallimento di quel sistema che prevede la follia di una crescita infinita in un mondo che non ha risorse infinite.
Sono molto preoccupato però dal declino costante delle democrazie nazionali, sempre più assoggettate alle grandi società multinazionali che sono in grado di eludere qualsiasi controllo. Un’economia che ha assunto un ruolo sempre più centrale di quanto non avesse mai avuto in passato e che ha determinato la crisi della politica, la decadenza dei diritti dei lavoratori e l’instabilità internazionale.
Resta, a mio avviso, assolutamente centrale il ruolo della popolazione attiva, che ha il compito di far emergere quella coscienza collettiva necessaria per rendere possibile quel sogno di un mondo migliore. Formare ed informare perché solo un cambiamento culturale può portare la politica e l’imprenditoria ad accettare modelli di sviluppo eco-sostenibili.

Molti governi del mondo occidentale ammettono l’importanza dei temi ambientali e la necessità di applicare politiche economiche sostenibili e rispettose dell’ambiente. Tuttavia i problemi che affliggono il nostro futuro, che vanno dal riscaldamento globale, allo sviluppo demografico, alla carenza di risorse energetiche ed all’instabilità socio-economica, legate anche allo sviluppo incontrollato di nazioni come Brasile, Cina ed India, rendono tali azioni tanto necessarie quanto difficili da applicare.
Il passaggio che è assolutamente necessario, per veder concretizzate misure transnazionali eco-sostenibili, è l’attuazione di una politica mondiale policentrica, dentro cui né i mercati né i governi possono imporre le proprie scelte unilaterali, ma dove tutte le parti in causa siano poste allo stesso livello.
Vede però l’azione contrastante della politica statunitense che di fatto ha imposto il proprio modello, e che oggi vuole blindare i “suoi” mercati con l’introduzione di trattati internazionali come il Ttip ( Transatlantic Trade Investment and Partnership – n.d.r.). che di fatto renderanno le battaglie ambientaliste sempre più difficili. Oggi dobbiamo prendere coscienza di cosa sia quel trattato e combattere per far valere i nostri diritti come lavoratori e come essere umani. Per questo auspico una forte battaglia da parte di tutti i soggetti politici, economici ed associazionistici contrari, che possa sfociare in manifestazioni ed azioni informative verso la popolazione.
Per far sì che l’ambientalismo possa prendere le redini di comando delle istituzioni bisogna comprendere che la politica è fatta di ideali ma anche di cose concrete, e che le battaglie si vincono avendo una strategia dei piccoli passi ma continui. Deve saper usare le giuste leve per coinvolgere i vari soggetti economici. Penso ad un vivaismo che possa esportare un marchio bio, ma per farlo dobbiamo prima farne comprendere l’importanza a chi compra piante. Creare un mercato di persone che acquistano solo prodotti che utilizzando quelle regole fondamentali dello sviluppo sostenibile, equivale a cambiare la produzione e di conseguenza l’ambiente, poiché l’imprenditoria necessita per sua natura di rendere redditizio il proprio lavoro.
Un vero politico deve immaginare il mondo da qui a vent’anni, deve avere le capacità di spiegarlo alla gente e la sua azione politica deve essere finalizzata alla realizzazione di quella visione. Altrettanto devono fare i movimenti ambientalisti, prendendo coscienza del fatto che devono saper sfruttare al meglio i canali mediatici e non legarsi a nessun partito o politico che possa sfruttare il loro impegno per i propri scopi.
Alessio Biagiotti
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