processo politico 1/appendice a. PLATONE AVEVA L’ACCADEMIA, ARISTOTELE IL LICEO: PISTOIA PUÒ CONTARE SU PROCURA E AULA SIGNORELLI. I DUBBI DELL’AVVOCATA GIUNTI

Tra le cose più buffe che ho ascoltato lunedì 7 marzo in Aula Signorelli (e vi garantisco che ce ne sono state una plètora), ci sono anche certi dubbi esistenziali dell’avvocata Giunti, difenditrice del ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, Ctu del tribunale di Pistoia


Ho un dubbio anch’io, avvocata. Nel processo in cui lei difende il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, Ctu del Tribunale di Pistoia, riesce a intravedere ciò che auspica, cioè «un processo che abbia a vedere con la Costituzione» oppure no? Se la sente di rispondere in punto di diritto in relazione alla insanabile violazione dell’articolo 358 del codice di procedura penale da parte del sostituto Claudio Curreli? Le ricordo l’assenza da vuoto pneumatico di «accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini»…

 

Seneca è chiaro: «Verba rebus proba»

Non si può sopportare questa roba!

[Non bastano le parole…]


 

La Musa della sàtira e della commedia, Thalia ovvero la Fiorente

 

Uno di questi dubbi, spingendo a ridere o suscitando il riso secondo la pseudo-definizione di sàtira fornita dai due PM in servizio, Curreli-Grieco – interpretazione peraltro subito accolta e caldeggiata dalla Giunti –, dovrebbe essere oggetto di divertenti disamine riderecce, perciò dimostrazione provata che la sàtira ha daffà sbellicare, come vuòlsi in procura.

L’avvocata Elena Giunti elucubra…

Si chiedeva, visibilmente turbata, l’avvocata che difende i dati sensibili (ma pubblici su internet) dei suoi clienti e dei suoi colleghi, come avessi io potuto, in un articolo del 4 ottobre 2020, scrivere: «L’ultima volta [che il Perrozzi in procura – n.d.r.] dovrebbe esserci andato – e se non in procura almeno dalla polizia giudiziaria (carabinieri?) – è il 1° ottobre scorso per consegnare l’ultima querela: lo hanno anche visto».

In buona sostanza l’avvocata Giunti si chiedeva pressappoco questo: il Bianchini ha la palla di vetro del mago Otelma per sapere tutte queste cose? È un veggente? È Merlino che ama Morgana, Maremma carampana?

Non ricordo bene se, prima o dopo queste affermazioni della Giunti, lo stesso avvocato Giuseppe Alibrandi sottolineava il fatto che su Linea Libera di quella mattina, 7 marzo, “già c’era il resoconto di ciò che si discuteva in quel momento in Aula Signorelli”.

Tra virgolette inglesi (“…”) ho riportato il senso del discorso, non le parole effettivamente spese da Alibrandi. Lo dico perché non vorrei che il 2 di maggio, data della prossima udienza, gli aspiranti censori della disciplinare dei giornalisti mi saltassero addosso con un santo pippone sui doveri del cronista…

Voglio rassicurare tutti che io non sono un dio par loro. Né tantomeno ho il dono – non ancora, ma mi sto impegnando molto – di essere ubiquo e di riuscire perfino a ingoiare carboni accesi senza danni.

Ad Alibrandi chiedo: come potevo aver scritto e pubblicato il resoconto di un evento in fieri (è latino e significa, praticamente, evento in atto, che sta avvenendo in diretta) dal momento che io ero in aula dalle 9? Non avevo computer per scrivere (col cellulare lavorano i veri stalker, non la gente normodotata come me) e non mi ero mai assentato per più di una corsa in bagno, dato che, come sostiene il mio avvocato, io sono anziano.

L’avvocato Giuseppe Alibrandi

Se Alibrandi avesse letto bene il testo di cui stava parlando, avrebbe capito anche di cosa stava parlando al buio e non sarebbe finito in fossa come da Sacra Scrittura. Ma – e non solo a Pistoia e non solo tra avvocati – leggere tutto non usa proprio…

All’avvocata Elena Giunti la parola “che mondi possa aprirle”, per fare il dotto citando Eugenio Montale, è: «Avvocato, siccome non sono né dio né Otelma, il fatto da lei indicato e lamentato, mi è stato riferito da gente in procura, chiaro? Con il che si avvalora una mia più volte ripetuta tesi: dalla procura di Pistoia escono più cose che dall’enciclopedia Treccani; e che fra procura di Pistoia e popolo – direbbe Shakespeare – ci sono, e circolano, più cose che tra cielo e terra. Infatti più e più volte i miei familiari venivano a sapere di inoltri di notifiche, da parte del tribunale di Pistoia, ancor prima dell’arrivo delle sconcertanti bustone verdi, proprio dalle urla sbraitate dei petulanti vicini di Lecceto: sarà stato un caso, avvocato? O anche i vicini petulanti avevano le palle di vetro di mago Otelma visti certi rapporti di Ctu con le severe stanze di piazza del Duomo? Mi dia una mano a scoprirlo, cortesemente…».

Questo “transito simbiotico procura-piazza” mi turba assai quando leggo certi resoconti di Massimo Donati sul Tirreno con particolari (segreti d’ufficio) che non dovrebbero affatto essere pubblici, ma che il giornalista propina ai suoi lettori.

Il dottor Tommaso Coletta, procuratore capo di Pistoia

Mi turba assai quando vedo poi che gli uffici, strettamente tenuti sotto l’egida di Coletta, pronto a scagliar fulmini – mi si dice – come il sommo Zeus quando scatena le forze del cielo, s’impegnano a fondo per riuscire a rinviare a giudizio, dopo averle arrestate, persone quali la comandante aglianese Lara Turelli, la commercialista Silvia Sarno, io stesso che, definito stalker, di violento posso contare solo sulla clava di Ercole, come da cambiamento del capo di imputazione in corso d’opera.

Mi sono spiegato o, per eccesso di specificazione, è necessario che produca uno schizzo tipo vignetta di Vauro? Il quale, essendo un sinistrorso di chiara e indubitabile fama, antifascista di razza e filo-Anpi, è, senza ombra di dubbio, comprensibile e trasparente in quanto parla, seppur per immagini, la stessa lingua degli dèi, delle procure e degli avvocati.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]


La Procura della Repubblica e i PM pistoiesi hanno operato con stretto rigore obbedendo al dettato dell’art. 358 c.p.p.?


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