
PISTOIA. Medico in primis, ma, soprattutto (lasciatecelo dire) una grande persona. Corrado Catalani, primario di malattie infettive all’ospedale di Pistoia, è andato in pensione qualche giorno fa, il 1° marzo per l’esattezza, con il sorriso sulle labbra. E, forse, con un pizzico di amarezza per un ideale di sanità che ha rincorso per tutta la vita e che, forse, non ha trovato nella realtà.
Continua, con l’entusiasmo di un tempo, il suo impegno in Cgil come coordinatore della dirigenza medica e non dell’Area Vasta Centro e studia Storia.
Una delle sue immense passioni, così come il mare, la fotografia, il giornalismo, la cucina, la moto e i viaggi. Determinato e con un’umiltà disarmante, figura spesso “scomoda” per aver semplicemente espresso la sua opinione su alcuni cavilli della sanità toscana, Corrado confessa che il suo sogno da ragazzo era quello di diventare reporter in giro per il mondo.
E in effetti in giro c’è stato parecchio, come medico, in Eritrea, Sudan, India, Messico, Cuba. “Mi sono iscritto a Medicina su consiglio di un professore, Danilo Zolo – racconta – al liceo mi interessavo di politica internazionale, ma ho sempre avuto una particolare predisposizione per le materie umanistiche”. Con due specializzazioni, una Malattie dell’apparato respiratorio e Tisiologia, e l’altra in Malattie infettive, un master in epidemiologia a Londra, Catalani vanta un curriculum non indifferente.
Mentre studia all’Università, collabora con Il Manifesto, Paese Sera, Geodes, Illustrazione Italiana e The Practitioner (versione italiana di una rivista inglese). Con una laurea in tasca a soli 24 anni, Corrado inizia a lavorare a Firenze come ospedaliero a Villa Ognissanti, dipartimento di malattie respiratorie e come medico di famiglia. Era il gennaio del 1979. A dicembre dello stesso anno, fino a marzo 1980, parte come volontario in Tanzania, nell’ospedale di Ikonda.
“Tornai in Italia confuso – racconta – non mi convincevano le politiche ospedaliere di qui, non sapevo cosa fare. In Tanzania avevo lavorato nello stesso ospedale in cui prestava servizio Gregorio Monasta, diventato poi sottosegretario dell’Unicef, che mi mise in contatto con Gianni Tognoni, segretario del Tribunale per i diritti dei popoli e uno dei più brillanti farmacologi sullo scenario internazionale, insignito con la medaglia del presidente della Repubblica per meriti scientifici (dirigeva il Laboratorio di epidemiologia clinica dell’istituto “M. Negri” di Milano).
“Lo chiamai e andai da lui a Milano: voleva creare un gruppo di cooperazione internazionale con un’idea di fondo: nella sanità e nell’istruzione si valuta il livello di democrazia di un Paese”. Da lì Corrado va in Eritrea, in Sudan, dove vive una delle esperienze più significative e drammatiche della sua professione, poi in Algeria, per analizzare l’organizzazione sanitaria delle zone più critiche. “I lavori vennero pubblicati sulla rivista The Practitioner. Nell’86 mi sono licenziato dall’ospedale: facevo il medico di famiglia e continuavo le missioni all’estero”.

Nel 1989 entra nel gruppo di esperti in situazioni d’emergenza creato dal Ministero degli esteri; nel 1990 ottiene dall’Istituto superiore della sanità un incarico per il progetto bilaterale Italia-Messico su tubercolosi e Hiv. Nel giungo del 1994 vince il concorso per dirigente di malattie infettive.
“Un dramma – lo definisce – non c’era niente. Esisteva un reparto conosciuto come ‘isolamento’, una struttura fatiscente e inadeguata con solo due posti letto. Mi misero a lavorare al pronto soccorso, mentre il mio ruolo doveva essere assistenziale.
“Rimasi calmo per 6 mesi, poi sono scattato. Ho incontrato, per fortuna, la sensibilità e l’interesse dell’allora direttore Pasquale Gerardi e lo informai che l’inadeguatezza del “reparto” comportava all’anno una perdita di circa 2 miliardi di lire di compensazioni passive. Rimase sbalordito. Iniziò così un percorso molto difficile per creare un adeguato profilo organizzativo”.
Nel ’97 Corrado se ne va dall’ospedale: si reca in India con l’Oms e poi a Kathmandu, in Nepal, con la moglie e i due figli, per un progetto dell’Unione Europea sulla prevenzione e diagnosi di primo livello sull’Hiv. Vuole stabilirsi lì definitivamente poi, con la chiusura dell’ambasciata italiana, torna in Italia e riprende il suo lavoro nel “reparto” di Pistoia. Nella sua lunga carriera insegna anche “malattie infettive” al corso di laurea in Infermieristica e “Epidemiologia e statistica” al Master di medicina tropicale a Siena e Firenze.
Nel 2000 ottiene la direzione dell’unità operativa formazione a Pistoia, e nel 2005 quella dell’unità educazione e promozione della salute. Dal 2011 alla pensione è primario di malattie infettive. “Non mi sentivo tanto in grado di ricoprire questo ruolo, ero stato lontano dalla clinica per 9 anni. Invece è stata un’esperienza unica, dalla quale ho imparato molto perché quello del clinico è un vero e proprio metodo di ragionamento”.
Cosa diresti a Francesco Mazzotta, che ha preso il tuo posto? “Gli faccio gli auguri in primo luogo: il suo è un ruolo molto difficile e farlo a distanza è ancora più complesso. Nonostante ci siano persone molto preparate in reparto, dove si fa clinica c’è bisogno di una presenza fisica costante”. E allora auguri anche a te, caro Corrado, e che il tuo sia un esempio per tutte le nuove generazioni.
[Alessandra Tuci]
Sostenete questo quotidiano con un piccolo contributo attraverso bonifico intestato a
«Linee Stampalibera» Iban IT64H0306913834100000008677 su Intesa San Paolo Spa - Pistoia. Riceverete informazioni senza censure!
Auguri al Dott. Catalani!
Leggendo il suo curriculum mi viene in mente che forse avrebbe fatto meglio a stare un poco più al pezzo in Italia e nella sua Pistoia e lì battersi per una sanità migliore……….
Rendere pubblica la sua posizione critica nei confronti della sanità ad un passo dalla pensione sembrerebbe troppo facile……..
Si consoli, però, non è il solo.
Nemmeno alessio_nichel pare un eroe che sa farsi sotto a viso scoperto.
O altrimenti si presenterebbe con nome e cognome e magari imbraccerebbe un fucile…
Questo discorso sull’anonimato firmato Paolo_36 è tutto un programma. Cencio parla male di straccio!! Quando me ne andrò in pensione, molto presto, diventerò coraggioso anch’io. Intando Paolo_36 cominci a dare il buon esempio……
Vedervi beccare fra voi, amici lettori, come i famosi capponi di Renzo, è una estrema soddisfazione.
È per questo che il Paese va così bene!