
SE DIO PENSA ALL’ITALIA CON I DEMOCRATICI
SPERIAMO CHE LA PIANTI IL PRIMA POSSIBILE!

AGLIANA. Dopo la morte di Claudio, fatto fuori dalla moglie Agrippina che voleva mettere sul trono Nerone, Seneca, con un colpo di coda da scorpione malefico, scrisse un’operetta divenuta famosa, l’Apokolokýntosis, che non va tradotta – come fanno di solito i corrottissimi casti e puri della cattocomunistìa – con “la trasformazione in zucca” di Claudio, il che non avrebbe avuto molto senso; ma piuttosto con “l’inculata allo zucchino” del povero imperatore fatto fuori dalla grande bestia di Roma. Quelle sì che erano donne, mica le micine del Petting Club del Betti!
Ecco, in un mondo con pochi riguardi al politicamente corretto e senza i falsi pudori di tanti carciofini alla giudea, sempre proni alle donne (che, fra sé, si lisciano come le gattine del Betti, ma i mariti, dopo averli messi democraticamente a quattro zampe, li scuoiano come fece Apollo con Marsia), non si vedeva niente di male per chi parlava di un bello zucchetto in culo al defunto imperatore. Né si aveva rispetto per un morto, se era stato sulle balle a qualcuno.

Perché la grande democrazia ateniese, di cui tutti parlano a bocca piena come chi opta per prenderne spunto in attrezzi simili a Culturidea, proprio perché non sanno di cosa si parla, credono che la scuola d’Atene e di Platone fosse un luogo idilliaco: idilliaco un cazzo (l’espressione è appropriata e direi esatta)! Perché i ragazzi, anche di buona famiglia, potevano essere tranquillamente inculati e fino a 20 anni; e chi rompeva i coglioni alla gente facendo la nobile vita dello sciupafemmine, mi spiace tanto per tanta bella [s]cultura (o se preferite ignoranza) di sinistra, se preso in flagrante adulterio, non se la cavava con una querela, la solita cui sono assuefatti i radical chic: a volte venivano anche ammazzati (e nessuno diceva nulla: era difesa del patrimonio!) o, nei casi meno gravi, subivano infamanti inculate.
Poveri scopatori! Andava bene se le armi di tortura erano ravanelli e si faceva loro una aporafanìdosis; meno bene se il marito della fornicatrice faceva il pescatore: un muggine nel culo, al seduttore, non sarebbe mancato di certo. Tenendo conto che una testa di muggine non è proprio un ravanello rosso, bello e rotondo…
E queste erano usanze ammesse dalle leggi della democraticissima Atene, idealizzata grazie alla filologia tedesca pronta a sorridere come i cinesi, ma altrettanto scattante nel realizzare la cottura del pane nei forni di Auschwitz e Birkenau.
La stessa grande democrazia dovrebbe essere recuperata in toto, forse, e rimessa in corso legale con tutta la pubblica amministrazione italiana, con tutti i politici, dal lombrico più piccolo al più grosso pesce-pène che si possa trovare, a tutti i cafoni che, appropriatisi della burocrazia, vivono ben nutriti come l’edera sugli alberi, che ammazza tutte le piante a cui si attacca perché ne è… innamorata.

Non sarebbe male, anche, se, quando si becca un demente che guida e spippola al telefonino in auto, non ci fosse solo la multa, ma qualcosa di più convincentemente pratico: che ne so? Una bella mazzolata su tutti i vetri del Suv da 50mila euro; o l’inculata democratica ateniese con un cetriolo rigorosamente di dimensioni ammesse dalla Unione Europea o – se il demente soffre di azotemia alta e deve mangiare pesce – un bel muggine di un chilo (e non certo una sardina di Santori).
È inutile che Gualtieri e Di Maio e tutta la politica dei salvatori dell’Italia continuino a dire stronzate: per convincere una mandria di squinternati stile Cirinnà, libertari e cannaroli, c’è un solo modo: ed è il pubblico ludibrio riparatore per le vite che troncano e i coglioni che rompono a tutti ogni giorno nell’intento di educare la plebe.

Scommettiamo che, se pure le signore femministe e progressiste, ogni volta che starnazzano o insultano, fossero punite con la regola pubblica di Eriberto da Ficulle (chicchi di granturco in culo e galline a beccare) in piazza, imparerebbero a essere più contenute e meno aggressive? Più umili e meno temerarie? Più persone e meno guerriere?
E imparerebbero anche che la loro sottaciuta disperazione di diventare vecchie e brutte (o più brutte di quanto lo siano già) e di non poter essere delle eterne Ferragni, volenti o nolenti, si verifica. Inesorabilmente.
Come finiscono sindaci eterni, segretari comunali autocrati, presidi senza cervello e, in genere, tutti coloro che, nel loro mondo ad atmosfera zero, sanno di non essere proprio nessuno se non rompono i coglioni agli altri solo per il piacere di farsi vedere. Vero Dardanelli?
Oggi cominciamo così. Poi «nell’attesa della tua venuta», o Verità, aspettiamo di vedere cosa sarà accaduto a mezzogiorno ad Agliana.
E se niente sarà accaduto di notevole e di giusto a favore della popolazione locale, ci permetteremo di aprire gli occhi alla gente, noi, umilissimi cronisti di provincia, detestati perché non ci siamo fatti comprare da nessuno e nessuno ci ha messo a libro paga come le sardine di Santori.
Politicamente scorretti, ma pieni di dignità e con un’anima che non si adegua al bacio della pantofola al vero fascismo di oggi: quello rosso della democrazia progressista europea che odia a morte Boris Johnson.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
Da qui a mezzogiorno ci sono poco più di due ore: poi sarà
Sfida all’O.K. Corral. Chi ha orecchie per intendere, intenda…
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One thought on “sardine & paraculi. «VAE ME, CONCACAVI ME», AHIMÈ, MI SONO CACATO ADDOSSO!”
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