Conflitti di interesse grossi come palazzi, conoscenze, rapporti di amicizia e club, connessioni e interconnessioni, giudici con giudici, giudici con impiegati, giudici con familiari, giudici con associazioni che favoriscono i clandestini, polizia giudiziaria con centri di potere per aderenze professionali proprie e/o di propri familiari. E potremmo durare per un’intera giornata. Poi arriva la procura di Pistoia e ci parla di virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. Ci dice: «Lavorerò per la gente comune». E, per non piangere, scoppia la risata
IL DIFFICILE NON È PARLARE DI GIUSTIZIA
TUTTI SANNO RIEMPIRSI LA BOCCA DI LUPINI

PISTOIA-AGLIANA. Nel giugno 2016 gli autori di questo articolo, Alessandro Romiti e Edoardo Bianchini – fumo negli occhi di tutte le «autorità costituite» – si presentarono in una stazione dei carabinieri per depositare una querela nei confronti del presidentissimo della Confraternita Misericordia di Agliana, il geom. Corrado Artioli, con delle accuse ben documentate perché documentali e rilevabili dai verbali di udienza in aula.
La querela puntava il dito contro le incongruenze (o le vogliamo chiamare falsità) dell’Artioli, che – dopo aver espresso il giuramento di rito – lo aveva violato, in ipotesi, almeno 4 volte, come dimostrato dalle trascrizioni a verbale delle sue dichiarazioni di impeccabile cittadino che – a suo dire – non è mai stato condannato (anche se Piercamillo Davigo sosteneva che la fedina pulita è solo una pia illusione…).
Il sottufficiale che prese la querela, peraltro, apprezzò, con i querelanti, la dotazione completa di allegati scritti, che gli avrebbero evitato di esperire le indagini preliminari (le S.i.t.) e assicurò che il giorno successivo, l’avrebbe depositata in procura. Così fece. E la procura non mise tempo in mezzo, ma affidò l’incarico di svolgere le indagini a due sottufficiali (Palcido Panarello e Alessandro Ugolini): indagini che, peraltro, fecero “sulle carte”, cioè senza alzare il telefono e senza andare a prendere i documenti originali alla discutibilissima – a nostro avviso – Confraternita di Agliana. Ci spiace per i difensori della legge pistoiese, ma il più delle volte le cose funzionano così: e noi di Linea Libera, condannati a priori per peccato originale, ne abbiamo tutte le prove, piaccia o non piaccia agli incensurati come l’Artioli, e ai Pm & sostituti di Sarcofago City.

Strada facendo abbiamo visto che il luogotenente Placido Panarello è stato presidente del Lions locale e che frequentava, domesticamente, sia Corrado Artioli l’incensurato, che la pavoncella Ilaria Signori, coltivando, di fatto, relazioni di vicinanza che lo avrebbero dovuto consigliare a una prudente “rinuncia” per incompatibilità ambientale, fenomeno che a Pistoia è una fattispecie che non sembra destinata a essere valutata in alcun modo. Fra l’altro il Panarello era in stretti rapporti anche con la probavira Caterina Lamboglia, avvocata e moglie – se non erriamo – dell’ingegnere che, più che ereditare i lavori della nuova Misericordia di Artioli, si appropriò e firmò di proprio pugno i progetti già a buon punto dei tecnici Mangoni: tantoché fu anche bacchettato dall’ordine (?) degli ingegneri per quella squalidissima vicenda.
A volte, mentre ripassiamo la lezione di Agliana-Agrùmia, ci sembra di rivedere la profetica pellicola Signore & Signori di Pietro Germi, attualissima denuncia del malcostume, persino ostentato, della provincia profonda e senza regole né rispetto per nessuno che non faccia parte del coro degli «appecorati al potere».
Il presidentissimo incensurato Corrado, fece, all’epoca in cui bruciava dal desiderio di vederci al rogo (passione che, invero, non gli è ancora passata) delle dichiarazioni, anche confermate per chiarimento espresso, in relazione a quattro capi d’imputazione:
1) il popolo di Agliana – sosteneva Corrado l’incensurato – aveva smesso di dare quattrini alla Misericordia, perché all’epoca (occhio: si parla del 2013) sia il Romiti che il Bianchini avevano sputtanato il presidente e la sua gestione con articoli diffamanti su QuarrataNews: ma la tesi artioliana era solo la «cagata pazzesca» di Fantozzi, visto che il calo delle offerte era già fatto acclarato sin dal 2008, anno di avvio della crisi istituzionale politico-economica d’Italia.
2) la paternità, attribuita al Romiti, di un post del 15 luglio 2013: ma non avevano visto, le grandi menti, che il Romiti vi era citato in terza persona? Perciò: come come poteva esserne l’autore?
3) la nomina illegittima della Presidente Hilary per come svolta in violazione di statuto della Mise: l’avvocata-pavoncella venne infatti eletta senza la convocazione dell’assemblea dei soci prevista dall’articolo 13. Ma evidentemente questo aspetto, per sua eccellenza l’incensurato, era soltanto una caccola!
4) i contributi di denaro pubblico ricevuti dalla Regione e che oggi la Mise pubblica in chiaro ma solo dopo le nostre denunce. All’epoca eravamo noi, i «non appecorati» e non-pavoncelli a destare scandalo…
Su questi capi di imputazione l’incensurato Artioli formulò farnetiche risposte che falsavano i fatti e che si rivelavano in palese contraddizione con i documenti e le dichiarazioni successive della pavoncella in tandem con Franco Benesperi; perfino di contenuto potenzialmente calunnioso, volendo essere attenti ai fatti documentali.
Di seguito ecco gli estratti della relazione della polizia giudiziaria dei carabinieri. Fàtevi voi un’idea di come, a nostro parere, la giustizia pistoiese non funziona in termini di logicità giuridio-legale.
Di seguito sono riportate gli estratti delle pagine di relazione che i due ufficiali di PG Placido Panarello e Alessandro Ugolini scrissero su richiesta del Pm Fabio Di Vizio che non ha rilevato la situazione di manifesta autoreferenzialità espressa dai due in modo inattendibile rispetto al delicato compito di indagine sugli accertamenti richiesti. Delle incampatibilità del Panarello si è già detto e non è poco. Ma le incompatibilità, a Pistoia, sono la regola: altrimenti (ed esprimiamo una nostra opinione) come potrebbe stare in piedi il sistema «mela marcia»?
I due luogotenenti – che vestono una divisa e che svolgono, quali ufficiali di polizia giudiziaria, una funzione alla quale dovrebbero assicurare “disciplina e onore” come da Costituzione art. 54, cioè senza macchia – esprimono, alla fine, un loro augusto e discrezionalissimo parere: e il giudice, in fondo, diventano loro, dato che il Di Vizio si inchina alle loro più che soggettive “interpretazioni” non del tutto libere – a nostro parere – da supponibili influenze e pressioni di tipo personalistico. Vogliamo considerare anche il fatto che pure l’avvocata-pavoncella Signori è (ci dicono) figlia e moglie di carabinieri?
Le imprecisioni (stiamo usando un eufemismo: a nostro parere si tratta di mistificazioni in piena regola, vedete qui e capirete perché) parrebbero irrilevanti e non pertinenti alla “causa”. Lo dicono loro, i relatori, dotati della capacità divina di poter fare (e decidere) il processo alle intenzioni dell’Artioli l’incensurato.
Di quale “causa” intendono parlare i due sottufficiali? E come fanno a escludere che le dichiarazioni del teste Artioli, le cui intenzioni non erano (dicono loro) ingannevoli e dannose, non abbiamo indotto il giudice – peraltro mai attento durante il dibattimento in aula, ma sempre appiccicato al maledetto cellulare e pronto a spippolare e a parlare sottovoce con la cancelliera – a comminare una ingiusta condanna?

Ma ancora peggio procedono i due relatori nella seconda parte del punto 6. Ignorando il principio di “non colpevolezza” i due ufficiali di polizia giudiziaria (complimenti!) si fanno scudo della condanna inflitta dal giudice di prime cure Barbara Floris (quella, appunto, che spippolava sul cellulare durante le requisitorie delle difese) e bacchettano i dei due esponenti della querela (Romiti e Bianchini), affermando che “c’è già un pronunciamento di condanna”: ecchissenefréga!
Vogliamo aggiungere qualcosa in più? La giudice Floris, oltre a non stare a sentire le difese di Romiti e Bianchini, si ritirò per deliberare. Solo che uscì dal “nido del cuculo” appena tre minuti dopo e con un decreto di una intera pagina. Vi chiedete cosa significhi? Ve lo spieghiamo sùbito:
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il giudice non ha scoltato, ma ha spippolato
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il giudice ha sentenziato (una pagina intera) in tre minuti
Può essere un processo serio una cosa di questo genere? La velocità di Speedy Gonzales non è prova evidente e sufficiente che il giudice aveva già deciso a prescindere dall’ascolto delle difese? Ma che razza di paese democratico e di magistratura terza e imparziale sono questi elementi, in cui pare di essere in una trattoria di campagna a «cucina casalinga»?
Ma lo conoscevano, i due carabinieri di polizia giudiziaria, il principio di “non colpevolezza” fino al terzo grado di giudizio. Sono al corrente di cosa sia la C.e.d.u. di Strasburgo?
I due Lgt, ci sono o ci fanno, scrivendo “e comunque, non sembra dalla motivazione che siano state poste alla base della decisione assunta in ordine al delitto di diffamazione a mezzo stampa”? A loro “non sembra” e perché ciò? Che cosa vogliono dire: ce lo spieghino meglio.
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E quale sarebbe il “profilo soggettivo” riconosciuto dai due ufficiali di Pg: quello che piace a loro o quello che hanno qualificato omettendo l’acquisizione dei documenti originali del caso prospettato in querela, che erano peraltro già allegati all’esposto?
Parliamo di bilanci di esercizio della Confraternita che erano in in rosso per le elargizioni già dal 2009. Artioli accusò noi degli abbandoni dei cittadini sul versante dei contributi annuali, mentre in realtà la comunità aglianese era solo stufa della gestione bi-familistica del duo Artioli-Morosi.
Che dire, poi, della sfacciata violazione allo Statuto (articolo 13) con la nomina diretta (e senza imposizione delle mani) dell’avvocata Ilaria Signori, in un periodo di interregno: la pavoncella iniziò così a volare e oggi siede in consiglio nazionale. Artioli, ha violato le prescrizioni dello Statuto, ovvero dell’articolo 13. Lo vogliamo negare?
Altre due posizioni sono relative alle incongruenze dell’Artioli sulle donazioni di contributi di denaro pubblico che, solo recentemente, sono state pubblicate in trasparenza grazie alla denuncia per l’insistenza di questa testata.
Ridicola, poi, la giustificazione che i due ufficiali di polizia giudiziaria hanno dato sulla “riconducibilità di un post al Romiti”, che, diversamente, non ci aveva messo penna, ma che è stato altresì condannato anche per questo: perché cos’altro ci si può attendere da un giudice che spippola al cellulare in udienza?

A corollario del quadro generale, abbiamo anche il sostituto scout Claudio Curreli, che coordina le agenzie territoriali preposte alla immigrazione clandestina con i vari Ciampolini, Biancalani, Tofani ovvero il mondo antagonista (per definizione) alla libera informazione assicurata dunque da Linea Libera.
Questa, dunque, è la giustizia a Pistoia. Dobbiamo aver dubbi sulla perversione di una macchina ingrippata, a nostro avviso, da conflitti di interessi, familismi incrociati con lobbys che al mattino siedono sul banco degli inquirenti e alla sera si ritrovano alle cene delle associazioni alle quali partecipano con grande spirito di colleganza e reciprocità?
Che ne pensa la Procura Generale della Repubblica di Firenze e la Ministra Cartabia: va tutto bene così? Possiamo, tutti, proseguire questo sconcio banchetto?
Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.info]
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
Credo che se mi dessero il Premio Pavoncello per l’informazione, io mi incazzerei a morte
e.b.
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