storie forteguerriane. È SCOMPARSA LA PROFESSORESSA MATTEOLI. BUON RIPOSO, GABRIELLA!

Ha lasciato una madre centenaria e un nipote, figlio del fratello medico defunto. Era di origine lucchese


Il Liceo Forteguerri. Sono in molti che, dopo averlo frequentato, hanno deciso di non iscriverci i propri figli

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È SCOMPARSA, nei giorni scorsi, silenziosamente come del resto era anche vissuta, la professoressa Gabriella Matteoli, docente di materie letterarie, latino e greco presso la scuola che fu, un tempo assai lontano, faro di cultura e sapienza con uomini e studiosi di primo piano; ma che era divenuta, dal momento dell’arrivo di una preside fin troppo democratica, un guazzabuglio di teorie innovative dell’insegnamento, alla cui base stava la cultura della violazione delle norme tipica di molti benefattori.

Ricordo, una per tutte, la famosissima innovazione della insufficienza minima (non si scende sotto il quattro) votata dai 9 decimi del collegio dei docenti e, nel giro di 20 giorni, annullata in autotutela, per violazione di legge, dal provveditore Cesare Angotti, tante chiacchiere e poca sostanza.

Gabriella Matteoli ha lasciato una madre centenaria e un nipote, figlio del fratello medico. Era di origine lucchese. Contestata e contestabile come tutti i professori di questa terra: anche perché i genitori, specie di quei nobili rampolli che vanno al Forteguerri, si sentono tutti dei Benedetti Croce, ma non di rado sono solo dei Poveretti in Croce, incrostati di provincialismo bancario: tanti soldi alla ex-Cassa di Risparmio, ma scarsa ventilazione cerebrale.

Questa docente ha avuto una vita professionale non particolarmente gratificante: e di questo mi spiace perché, pur con tutti i limiti che potesse avere (come del resto tutti noi: e i santi più di tutti), la Gabriella ha sempre tenuto, con me e con i colleghi, un comportamento o di amicizia o di correttamente educata formalità.

Niccolò Forteguerri, da cui il Liceo Classico di Pistoia

Con un carattere femminile forse un po’ troppo docile o, se vogliamo, educato, non seppe – perché non poteva – reggere l’onda d’urto della preside democratica che, quando è andata in pensione, ha lasciato oltre 300 provvedimenti disciplinari nel protocollo riservato della presidenza. Segno evidente di una assoluta incapacità di governare una compagnia di soldati per mancanza di – come si diceva una volta – attitudine al comando. Perché comandare non significa imporre a suon di mazzolate come usano fare i più democratici.

Monsignor Giovanni Della Casa, se non sbaglio, soffrì tutta la vita perché desiderava essere fatto cardinale e quel beneficio non gli toccò.

La Gabriella aveva, come massima aspirazione, quella di essere lasciata in pace: ma nemmeno lei ebbe la grazia. E non la ebbe né grazie alla preside democratica (iper-protetta dai compagni della Cgil) né grazie a certe sue colleghe femmine che un carissimo amico, Roberto Azzarello, definiva generosamente galline, tanto che, non di rado, mi salutava dicendo: «Via… Ti saluto e vado in sala professori a vedere se ci sono rimaste delle uova».

È chiaro che si nasce soli, si vive soli (anche in mezzo ai compagni della Cgil o del partito o delle pie donne di chiesa) e si muore soli. Mi duole, però, che alla Gabriella Matteoli sia toccata, forse, una solitudine ancor più vilmente marcata.

È per questo che voglio ricordarla a tutti, indistintamente, come una perseguitata da un sistema tutto italiano – esattamente identico a quello giudiziario alla Palamara – in cui se la cavano solo i corrotti, i leccaculo, i delinquenti abituali e i vagabondi.

Il bullismo non esiste fra i bambini e i ragazzi: c’è, ed è molto più feroce, fra gli illuminati adulti investiti di missioni salvifiche e profetiche. E anche se dicono di essere difensori strenui della democrazia e della correttezza.

Buon riposo, Gabriella!

Edoardo Bianchini
orgogliosamente non-professore
[direttore@linealibera.info]


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