A fine novembre le prime pagine dei quotidiani nazionali e non solo, comunicavano all’opinione pubblica europea il triste primato dell’Italia, maglia nera per decessi prematuri dovuti a una serie di inquinanti presenti nell’atmosfera, prodotti prevalentemente da alcuni particolari processi industriali e dalle combustioni in generale.
Sappiamo bene che una buona parte della società, dall’occidente alle economie emergenti o ancora in via di sviluppo, accetta con rassegnazione le numerose situazioni di disastro ambientale e sanitario che minano le aspettative di vita.
L’indifferenza si condensa in espressioni del tipo “è il prezzo che dobbiamo pagare per il nostro benessere” e “non ci sono alternative, non possiamo fermare lo sviluppo”. Invece le alternative, che si parli di mobilità & carburanti, di energia o rifiuti, spesso e volentieri sono già attuabili e spesso praticate con indubbi vantaggi economici e di salute.

La Lombardi, professoressa dell’ateneo fiorentino, riporta l’attenzione sulla gestione dei rifiuti solidi urbani (che – giusto ricordare – rappresentano circa il 20% dei rifiuti totali, gli altri sono quelli speciali) e scrive:
Chi ci amministra quali interessi tutela?
Nel 2012 In Italia si sono persi 652200 anni di vita a causa del PM2.5 che ha provocato decessi prima del raggiungimento della aspettativa di vita.
Siamo il primo Paese europeo per la dimensione del fenomeno (fonte: EEA Report No 5/2015 Air quality in Europe — 2015 report).
Nel 2012 viene approvato il piano interprovinciale rifiuti che quintuplica i volumi dei rifiuti da incenerire destinando 300 milioni di euro per potenziare gli impianti esistenti o costruirne di nuovi.Questo nonostante la crisi abbia prodotto una drastica riduzione nella produzione di rifiuti.
Nel 2014 il piano regionale dei rifiuti conferma la necessità di incrementare i volumi da incenerire…
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