A proposito di Bratislava, va infatti detto che i “nostri eroi” hanno concluso il vertice come sempre: aria fritta dispensata a piene mani.
Sono divisi su tutto. Fanno pena e dimostrano di non aver capito nulla dalla lezione della Brexit.
Hanno farfugliato che la situazione è grave, ma senza riconoscere che ciò si deve al fallimento completo delle loro politiche.
È grave perché il popolo non li capisce e quindi, siccome, secondo loro l’Ue “non è perfetta, ma è il migliore strumento che abbiamo”, si impegnano a cambiare e migliorare la… comunicazione.

Cioè la propaganda, tanto per vedere se anche degli scemi come noi finalmente capiscono quanto sono bravi”.
Ma proprio ci trattano come scemi: che si fa gente? Vogliamo dar loro ragione? Io penso di no.
Penso che nel 2017 eleggono il presidente della repubblica francese e votano in Germania. L’anno dopo tocca a noi.
Tra l’altro in Austria hanno una paura boia se è vero che hanno spostato per l’ennesima volta l’elezione del loro presidente causa “un difetto” nella colla delle buste usate per il voto postale… Roba da Erdogan. Non è più l’Austria di una volta.
MARIO DRAGHI E I PUGNI SUL TAVOLO
Ma se questi vanno avanti imperterriti verso il Nulla, in Bce sono un po’ stufi e potrebbero anche decidere, a sorpresa ma non troppo, di chiudere il rubinetto e mettere questi signori con le spalle al muro.
Se lo fanno giuro che propongo Draghi come Dittatore Unico della Commissione Europea.

Pare infatti in aumento la pressione affinché, persa ormai ogni speranza che i politici facciano qualcosa, vengano brutalmente messi di fronte alla concreta possibilità che la Bce faccia un passo indietro, al fine di costringerli a fare ciò che avrebbero dovuto fare e non hanno fatto, per rendere davvero efficaci gli interventi di allentamento monetario (Qe) messi in atto da Draghi in questi anni.
Per ora sono voci, sono mormorii che salgono dal mondo economico. Vediamo: d’altro canto, se paragoniamo la fulminea risposta alla crisi data in Usa dal Presidente Obama e dalla Fed ai tempi biblici europei, direi che così, a occhio, aspetteremo ancora qualche mese prima di sapere davvero se sotto la superficie dello stagno si muove qualcosa.
In ogni caso gli interessi in ballo sono così enormi che qualcuno in grado di spegnere l’interruttore inizia ad agitarsi nell’ombra.
Tutto sta a vedere chi è, e con quali intenzioni agisce se decide di farlo.
E GLI INGLESI SBATTONO LA PORTA… FORSE
A rendere ancor più desolante questo pseudo-vertice è giunta eco di una dichiarazione del Cancelliere della Scacchiera inglese Philip Hammond che secondo Blomberg “è pronto ad accettare il fatto che la Gran Bretagna potrebbe dover rinunciare all’appartenenza al mercato unico dell’Unione Europea e all’accesso cruciale delle banche del Regno Unito ai clienti del continente per mettere le restrizioni in materia di immigrazione che gli elettori hanno chiesto”.

Naturalmente al vertice nasi arricciati da signorine snob, con la Gran Bretagna messa in castigo e Juncker che chiede agli inglesi di andarsene quanto prima.
Ma poi ci sono anche i dietro le quinte, fatti di abbracci e calorose strette di mano e piani più o meno segreti: uno sarebbe quello di rendere così duro e difficile il negoziato agli inglesi da indurli a restare nell’Ue (leggete qui).
Non ha funzionato con le ingerenze prima del referendum, perché dovrebbe funzionare ora? Intanto, il risultato tangibile di tutto quanto è stato il venerdì nero della sterlina, crollata sul dollaro e della corsa all’acquisto di yen. Mercati nervosissimi e borse giù a picco, dollaro in grande spolvero ed euro sotto pressione.
LA SETTIMANA DELLA FED E DELLA BOJ
La Boe. Riunitasi in settimana (Banca Centrale d’Inghilterra) non ha fatto altre mosse dopo quella molto forte del mese scorso (ampliamento del Qe e taglio del tasso di riferimento da 0,5 a 0,25).

Carney, il governatore, ha riconosciuto che la Brexit non ha causato nessun disastro biblico, ma, come un bravo venditore di aspirapolveri, se ne è attribuito il merito, candidandosi al ruolo di salvatore della patria.
Tra martedì e mercoledì notte, invece, avremo il clou con la Fed e la Boj.
I primi non faranno nulla: infatti le vendite al dettaglio di agosto, cadute a -0,3% rispetto al +0,1% del mese precedente, e i prezzi alla produzione fermi a 0 sono i chiodi piantati sul coperchio della bara di un ritocco dei tassi al rialzo in settembre.
Per quanto riguarda la Boj… fare previsioni è come lanciare la monetina.
E il petrolio a picco of course! Probabilmente è iniziata la lunga marcia verso quota 25 dollari.
UNA GUERRA ALL’ULTIMA MULTA

Intanto, prosegue la guerra commerciale a bassa intensità tra Europa e Usa: quando vedo la Volkswagen multata di 15 miliardi di euro per le false dichiarazioni sugli scarichi, l’Ue multare di 18 miliardi la Apple per le tasse non pagate e ora gli Usa sanzionare per altri 14 miliardi Deutsche Bank per la vicenda dei titoli tossici del 2008… qualche domanda me la faccio.
Mi chiedo se il tutto non sia parte della complessa trattativa del Ttip, o forse, ragionando in un’ottica ancora più ampia, di una forma di pressione sulla Germania che, con la sua politica economica, a giudizio degli americani, mette a rischio l’esistenza stessa del partner commerciale più importante, cioè l’Ue.
IL GIAPPONE APRE
Chiudiamo con un articolo del Financial Times che ci informa di una timida apertura del Giappone all’immigrazione.
Questo Paese da sempre ostinatamente chiuso agli immigrati, perde, per motivi anagrafici, circa un milione di lavoratori l’anno.
Quindi le aziende giapponesi corrono ai ripari: col beneplacito governativo, dal Vietnam importano personale che viene istruito appositamente.
Anche qui sta finendo un’epoca.
[Massimo Scalas]
Sostenete questo quotidiano con un piccolo contributo attraverso bonifico intestato a
«Linee Stampalibera» Iban IT64H0306913834100000008677 su Intesa San Paolo Spa - Pistoia. Riceverete informazioni senza censure!